Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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Disabilità e silenzio - L'altra faccia della medaglia

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Messaggio  madonna consiglia Gio Dic 11, 2008 9:17 pm

il silenzio può rappresentare un momento importante nella vita di un individuo, permette di accostarsi a sensazioni che sono proprio lì a portata di mano, ma che il caos della vita ci fa dimenticare...Per questo credo che sia importante un' educazione al silenzio, perchè a volte ciò che si esprime col silenzio ha molto più significato di mille parole... Surprised

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Messaggio  Angela Riv. Ven Dic 12, 2008 9:25 pm

Secondo me il silenzio è ambiguo perchè non è esplicito come le parole e comporta interpretazioni del tutto soggettive!
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Disabilità e silenzio - L'altra faccia della medaglia - Pagina 2 Empty IL VALORE DEL SILENZIO

Messaggio  teresa aligante Sab Dic 13, 2008 5:47 pm

La tesina sull’argomento “Disabilità e Silenzio - L'altra faccia della medaglia” parte dall’analisi del testo di Giovanni Fiorentino, Il valore del Silenzio, un libro in cui si prova “a tessere i ponti tra le scienze pedagogiche e le scienze della comunicazione sul terreno fecondo e condiviso del silenzio”:
“Silenzio e comunicazione: silenzio che nega la comunicazione, silenzio che è fondante per la comunicazione…Per sviluppare una sensibilità in grado di coniugare comunicazione e conoscenza è opportuno ripartire dagli spazi del silenzio…Recupero del corpo comunicante, passando attraverso i margini dei luoghi di comunicazione generalista che ignora da sempre il silenzio, attivazione di un discorso multisensoriale che si libera definitivamente di una semiotica che crede che tutto dipenda dalle parole. Il silenzio si offre come spazio che parla a entrambi gli emisferi, li rimedia, li rimette in discussione, si offre alle molteplicità dell’intelligenza…La parola dell’altro non è necessariamente il linguaggio, il silenzio è naturalmente incompiutezza e possibilità d’altro.”

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Disabilità e silenzio - L'altra faccia della medaglia - Pagina 2 Empty Re: Il Valore del Silenzio

Messaggio  teresa aligante Sab Dic 13, 2008 5:48 pm

Le radici del Silenzio.
Nell’antico Egitto, all’ingresso di ogni tempio, veniva posta l’icona di un bambino nell’atto di portare un dito alle labbra. Figlio di Iside e di Osiride, era Arpocrate, il “dio che spegne la voce e col dito invita al silenzio”. Arpocrate incarna il dio del silenzio, ma di un silenzio molto vigile. Secondo Mancini il signum arpocraticum, il gesto del dito che tende alle labbra, assume una doppia valenza: “è gia contemporaneamente il gesto del silenzio e dell’ascolto…che mostra come la parola non sia sempre indispensabile o capace di esprimere la forza dei pensieri”. Chiude la bocca e apre l’orecchio, limita la parola e dischiude al sentire…
Poi il silenzio di un dio diventerà il silenzio dei sapienti, dei filosofi, degli uomini di cultura e di fede. Nel pensiero greco si fa luogo privilegiato di educazione alla vita. Alla scuola di Socrate gli allievi più giovani vengono sottoposti al tirocinio del silenzio, prima ammessi come uditori, solo successivamente acquisiscono diritto di parola.
Nel medioevo, il silenzio si farà spazio tempo privilegiato della mistica e per la contemplazione cristiana: silenzio e immobilità sono i due ideali che fanno spazio alla “parola silenziosa” di Dio. La ricerca del silenzio diventa una costante della vita monastica, nel claustrum è predisposizione all’ascolto dell’altro.
Il silenzio si delinea come elemento saliente attorno al quale si costruisce l’immagine simbolica del potere, diventa gioco di privazione e controllo della parola, autorità della parola e del discorso silenzioso. Al silenzio del sovrano sono legati i logoteti, i silenziari romani e bizantini, “guardiani della voce”, servitori che inibiscono la voce durante i ricevimenti e le udienze, il logoteta parla in luogo dell’imperatore, mentre il regnante è avvolto dal silenzio.
Un’altra figura di grande interesse, sempre nel mondo classico, è l’araldo, mediatore che impone il silenzio, mano che dà o toglie vigore alla parola, figura che presiede al silenzio ed è depositario della voce autorevole.

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Messaggio  teresa aligante Sab Dic 13, 2008 5:50 pm

Nella società occidentale il silenzio resta una condizione problematica e ambita, auspicabile e pericolosa. Il silenzio come il rumore, esprime mistero, concilia visioni opposte, paura ed esaltazione, comunicazione profonda e smarrimento, esplosioni di vita e prefigurazione di morte. Silenzi terribili e pacifici, di apertura e di chiusura, di difesa e di offesa, ostili e concilianti, isolanti o dialoganti. Il silenzio riflette stati psichici e sentimenti più diversi, impossibile costruire una tassonomia delle infinite forme di silenzio sociale.
Ugo Volli parte da un silenzio perfetto “che non è solo assenza di parole ma anche vuoto di tutte le facoltà intellettive o comunicative” ma se ne allontana per spingersi sui territori dei silenzi imperfetti: “il vuoto di un discorso di una conversazione, la meditazione solitaria, la pausa dell’oratore, la rottura delle categorie comunicative in un’opera poetica, il silenzio ostinato all’interno di una relazione sociale, la regola che proibisce la parola all’interno di una relazione sociale, la pausa di concentrazione che un atleta o un attore si prendono prima della loro prova, il rifiuto di un prigioniero, la resistenza passiva di una città: tutti questi sono esempi della potenza del silenzio, e della sua molteplicità.” Volli indaga la possibilità di un silenzio comunicativo che trova il suo punto di riferimento nell’importanza della relazione tra parola, ascolto e silenzio. Un silenzio dell’interlocutore che permette all’altro di parlare, diventa garanzia di reciprocità, premessa dell’ascolto e della comprensione, politica quotidiana del linguaggio. Un silenzio preespressivo lo definisce Volli che “deve essere preparato e garantito, prima che abbia luogo l’azione o la comunicazione e deve saper mettersi in contatto con la sfera silenziosa, normalmente inavvertita dell’altro. Un apologia del silenzio imperfetto, dove l’imperfezione è carattere fondante, “soprattutto quando significa incompiutezza e apertura alla possibilità d’altro…”.

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Messaggio  teresa aligante Sab Dic 13, 2008 5:51 pm

Silenzio ascolto.
Silenzio, non solo tacere, non parlare: stato in cui non si fa rumore, non c’è rumore, piuttosto si coglie la densità del rumore, si entra nell’ambiente sonoro senza esercitargli violenza. Scrive Baldini che “il nostro è il tempo dell’esiguità del silenzio, l’uomo è divenuto un mero spazio del rumore, vive di protezioni, filtri. Non ascolta. Il venir meno del silenzio ha fatto si che anche la nostra capacità di ascolto finisse con l’atrofizzarsi progressivamente. In una civiltà del rumore e dell’urlo qual è la nostra, lo spazio per un ascolto autentico si riduce inevitabilmente a livelli minimali. La capacità di ascoltare il vicino, ma anche se stessi, si è dunque affievolita, intorpidita, depotenziata. I mezzi di comunicazione di massa così come hanno contribuito a determinare la morte del silenzio, hanno anche reso gli uomini del ventesimo secolo incapaci di un ascolto pieno, di un ascolto radicale.”
Il silenzio è il grado zero della comunicazione, coincidenza di opposti, azzeramento della comunicazione e sua parte focale, essenziale. Il silenzio è premessa all’ascolto e della comprensione, i bambini giocano con il silenzio e, sempre nel silenzio comunicano, sono in grado di stabilire complicità. Dal grado zero, dal silenzio si può ripartire per riscoprire la comunicazione, per ridiscutere la tradizione, l’ortodossia, i limiti e le orze dello stereotipo, offrire alternative che rendano educativamente conto di una complessità sociale distante da semplificazioni riduttive, che consentano di andare oltre le trappole della parola ma più, oltre i pregiudizi che si codificano rigidamente nelle consuetudini comunicative, nella retorica mediale.
Spazio della comunicazione, tempo dell’educazione, il silenzio è eloquenza del corpo, luogo altro e potente della comunicazione mediata e in presenza, primo spazio dl viaggio, ipotesi de congiuntivo, rischio del permanente, possibilità di perdersi rispetto alle sicurezze del rumore di fondo, del brusio del mondo. Ancora per Baldini “il silenzio è, in breve, la dimensione aurorale dell’ascolto. È nel silenzio che ci esercita a coniugare la parola con l’ascolto, che si acquista quella capacità di raccoglimento vigile che è il primo requisito per impegnarsi in quel processo complesso che è l’ascolto. Inoltre, un silenzio colmo e un ascolto attento costringono colui che parla ad un maggiore controllo nelle proprie produzioni verbali, ad un uso parsimonioso di parole coatte, di slogan, di clichè, di metafore morte, di prefabbricati linguistici in cui le parole incespicano, scivolano, si guastano, marciscono”. E ancora scrive: “chi ama il silenzio, ama la parola essenziale, la parola parlante e non parlata, la parola piena, la parola senza rughe.”

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Messaggio  Angela Riv. Mer Dic 17, 2008 12:09 am

Disabilità e silenzio....davvero un tema interessante!iL SILENZIO dei "deboli" va assolutamente ascoltato per poi intervenire al fine di ottenere il riconoscimento dei loro diritti valorizzandoli come persone.Il silenzio parla,perchè anch'esso è una forma di espressione che ha la stessa importanza e validità della parola.
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Messaggio  Rosaria Kaiser Mer Dic 17, 2008 12:38 am

"Il silenzio, l'imbarazzo, l'invisibilità caratterizzano spesso le vita e gli incontri delle donne disabili. Il silenzio come impossibilità di comunicare il proprio vissuto e spesso come unico modo di parlare della propria diversità. L'imbarazzo di fronte al tuo corpo e l'imbarazzo di questo silenzio. L'invisibilità come tentativo di separare l'handicap dal tuo essere donna" Like a Star @ heaven

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Disabilità e silenzio - L'altra faccia della medaglia - Pagina 2 Empty silenzio, ascolto, dialogo

Messaggio  Maria Grazia Di Paola Mer Dic 17, 2008 10:33 pm

Cercando sul silenzio ho trovato questa interessante riflessione di Giuliana D’Ambrosio
su

Silenzio, ascolto, dialogo
In questo titolo, volutamente scarno, ho inteso non solo sottolineare il valore intrinseco di queste tre parole, ma anche sintetizzare il senso di un percorso, non facile né scontato, ma straordinariamente
appagante quando realizzato in autentica consonanza con il loro significato profondo.
Da sempre ho nutrito per le parole una vera passione, che si è via via rinforzata nel corso dei miei studi classici (glottologia, filologia, semantica, filosofia del linguaggio…), poi in un approccio privilegiato alla poesia che fa della parola-simbolo o della parola-immagine la sua protagonista,
e infi ne, ultima in ordine di tempo ma non certo di importanza, una vera e propria “fascinazione” per la tecnica delle parole evocatrici suggerita da Roberto Assagioli. In quest’ottica le parole, spesso
banalizzate dall’uso o forse dall’abuso, vanno considerate come vere e proprie entità vive e pregnanti, da riscoprire ogni volta come nuove, in tutta la loro valenza simbolica e carica di significato.
Perciò, mi piacerebbe che voi guardaste a queste semplici parole – Silenzio, Ascolto, Dialogo – riscoprendone, in qualche modo, la originaria e intatta carica di “verginità”: solo così potrete lasciarle risuonare dentro di voi e cogliere il senso profondo non solo delle parole considerate singolarmente, ma anche di questa loro ben precisa sequenza.
Perché un dialogo autentico presuppone un ascolto vero e totale, e un ascolto di questo tipo non si può attuare se non si è riusciti prima a fare un reale silenzio interiore…
Penso che, la parola Silenzio per chi frequenta la psicosintesi o in ogni caso aspira a fare un cammino di crescita, richiami immagini e sentimenti di quiete, pace, calma e tranquillità. Tutti noi, però, sappiamo come spesso, in altri ambienti e situazioni, possa invece richiamare stati d’animo di vuoto, solitudine, isolamento, o addirittura di angoscia o di paura.
Ma lasciamo da parte, qui, tutte e possibili connotazioni negative del silenzio inteso come semplice assenza di parole, peraltro spesso portatrice di messaggi più pesanti delle parole stesse (le famose
meta-comunicazioni): chi di noi non conosce i silenzi di ostile chiusura, di mortificazione, di rabbia, di paura, di rancore o i minacciosi silenzi che nascondono ricatti affettivi?
E’ un tema che, da sé, richiederebbe un capitolo a parte.
Qui parliamo di un silenzio elettivo, quel silenzio tanto raccomandato da Assagioli (“Diventiamo, individualmente e in gruppo, amici del silenzio”): silenzio interiore che è decantazione di pensieri,
quiete di sentimenti e di emozioni, assenza di clamori interni, spazio di ricettività.
Che è, nel vuoto che si è riusciti a creare, esperienza di pienezza in un tempo che si dilata a nostra misura.
In ogni via di saggezza, infatti, il silenzio è considerato condizione e premessa indispensabile
per accedere alla propria interiorità, per contattare quel sé personale che è puro centro di autocoscienza e che ci consente di aprirci al Sé transpersonale (come è tanto bene simboleggiato nell’ovoide).
Da Socrate a Marco Aurelio a Seneca, dai grandi saggi orientali alla tradizione ebraica e cristiana, l’invito al silenzio come primo strumento di consapevolezza e di interiorizzazione è assolutamente
costante.
Così dice padre Andrea Schnöller nella premessa al suo libro “La via del silenzio” , mentre ricorda la nota, bellissima espressione di Osho Rajneesh: “…Nel silenzio diventa come una canna di bambù, cava, vuota dentro: e appena sarai diventato come una canna di bambù e avrai fatto il vuoto dentro di te, ecco, le labbra divine ti si accosteranno e la canzone divina avrà inizio”
Mi piace ancora citare, a titolo esemplificativo, Marco Aurelio (“Scava nella tua interiorità……) e Swami Paramananda (“La perla di gran valore è nascosta profondamente; come un pescatore
di perle, anima mia, tuffati, tuffati nel profondo, e cerca, cerca senza stancarti…”), o S. Agostino (“Tu eri dentro di me, nel silenzio – e io ti cercavo fuori”), o ancora Etty Hillesum (“Mi siedo in silenzio e mi riposo in me stessa, e questo lo chiamo riposarmi in Dio”). E per venire a temi
molto attuali, che dire di questa scoperta del silenzio da parte di Tiziano Terzani”:
“ Il silenzio lassù era un suono.
Un simbolo dell’armonia dei contrari a cui aspiravo?...
La voce di Dio? La musica delle sfere?....Senza silenzio non c’è parola. Non c’è musica. Senza silenzio non si sente. Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con se stessi…”
Passerei ora a parlare del dialogo, lasciando da parte, solo per poco, l’ascolto, che riprenderò più tardi. Nella sequenza suggerita il dialogo rappresenta il punto d’arrivo, l’obiettivo, l’aspirazione
di un percorso: e si tratta di un dialogo che va ben oltre l’accezione di comune conversazione,
di scambio di parole –dove spesso, purtroppo, ognuno degli interlocutori è presente solo a se stesso e a quello che vuole dire- . Il Dialogo contiene in sé il termine Logos, che per i Greci era sinonimo di ragione, principio direttivo regolatore della vita; per Assagioli è ordine, armonia, intelligenza e ragione; nella tradizione cristiana, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni, è addirittura sinonimo
di Dio (In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio….).
L’altra parte che compone la parola è quella piccola preposizione, dia-, che in greco ha tante valenze di significato –attraverso, tra, per…- tutte che indicano l’entrare in relazione: vale a dire che questo Logos, questo Assoluto, in qualche modo si relativizza per mettersi in contatto, in
relazione appunto, con quello che Martin Buber chiama il Tu, ogni Tu che dà senso all’esistere di ogni Io che vi si rapporta. Mi sembra di poter dire – anche se forse è un’affermazione un po’ ardita
– che la massima espressione del Dialogo è l’atto d’amore con cui “il Logos (il Verbo) si
fece carne ed abitò tra noi”, mettendosi in relazione pura e totale con l’umanità.
Per scendere alla concretezza delle nostre esperienze intendo dire che ogni dialogo, e non solo quello transpersonale - dialogo col Sé superiore o con il divino che dir si voglia – è presente, deve essere presente un senso di sacralità, perché sacro è l’altro, chiunque altro con cui si entra in
relazione, sia esso una persona (dialogo interpersonale) o il nostro io profondo (dialogo interno) o l’inconscio, o ancora le nostre parti o subpersonalità (dialogo intrapsichico), o infine la natura, l’arte, la vita stessa.
Ciascuno di questi soggetti o elementi con cui vogliamo intraprendere un contatto dialogico
autentico merita infatti un sacro rispetto, un’attenzione profonda che si realizza solo con un sincero atteggiamento di ASCOLTO. Ma, anche qui, di quale ascolto parliamo? Io penso che in fondo al cuore tutti lo sappiamo, perché non c’è persona che non abbia sperimentato la frustrazione di non sentirsi veramente ascoltata, e quindi compresa, capita. E’ questo in sostanza che tutti desiderano, trovarsi di fronte ad un ascolto attivo e partecipe, non ad un sentire che è semplice registrazione
di suoni e di parole.
L’Ascolto, mi vien da dire, dovrebbe essere “ecologico”, pulito, nel senso che chi vuole entrare in sintonia con l’altro (ogni tipo di altro) dovrebbe aver fatto piazza pulita di etichette, pregiudizi, proiezioni, insomma di tutti i propri filtri soggettivi e porsi di fronte all’interlocutore con cuore e
orecchi nuovi, come se fosse la prima volta. E’ possibile questo? Non so, ma so per certo che sarebbe bellissimo: e vale comunque la pena di provarci. In fondo perseguire un ideale è un procedere per tappe successive in una precisa direzione: un po’ come gli antichi marinai: tenevano
gli occhi fissi alle stelle per orientare il proprio cammino, pur sapendo che non le avrebbero
mai raggiunte…
E se concordiamo sul fatto che non può esserci dialogo se non c’è autentico ascolto, né questo può esserci se non si è fatta prima l’esperienza del silenzio vero, allora potremo provare a mettere in atto
questo percorso, dedicandogli attenzione, volontà ed energia: impegnarci per diventare capace di “metterci in ascolto” – di noi stessi, degli altri, del Creato, di Dio – ricordandoci il suggerimento di
Vivekananda
Siediti ai bordi dell’aurora,
per te sorgerà il sole.
Siediti ai bordi della notte,
per te scintilleranno le stelle.
Siediti ai bordi del torrente,
per te canterà l’usignolo.
Siediti ai bordi del silenzio,
e Dio ti parlerà.
Entrare in se stessi, fare
silenzio, restare in attesa…
E, quando il dialogo avrà inizio, sperimentare la gioia di ascoltare con ricettività e apertura, con la totale
disponibilità di un cuore aperto e silenzioso.

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Messaggio  Marianna A. Russo Gio Dic 18, 2008 12:02 am

Leggendo questo post e i relativi commenti,mi è venuto in mente che c'è un detto:
" Le parole sono preziose, ma più prezioso è il silenzio ". Questo detto risulta sempre profondamente vero. Più ne capiamo il significato, più realizziamo questa verità. Quante volte durante il giorno ci capita di dire qualcosa che sarebbe stato meglio tacere! Quante volte disturbiamo la pace del nostro ambiente con una involontaria mancanza di silenzio. Quante volte riveliamo le nostre limitazioni, la nostre meschinità, la nostra grettezza, che avremmo potuto nascondere, se solo avessimo taciuto! Quante volte, benchè desiderosi di rispettare gli altri, non riusciamo a farlo, perchè non sappiamo tacere.
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Messaggio  aiello maria Gio Dic 18, 2008 2:36 pm

Ciao a tutte
Anche io come Marianna A. credo che il silenzio valga molto più delle parole.
In alcuni casi il silenzio è molto più utile della parola.
Il silenzio aiuta molto di più a capire profondamente l'altro e facilita una migliore intesa tra due persone.
Credo che sia meglio stare in silenzio piuttosto che emettere parole o frasi senza senso o addirittura discriminanti.
Coloro per vari motivi non hanno la possibilità di poter utilizzare la parola ci insegnano che si può comunicare soprattutto con gli occhi secondo il detto "gli occhi sono lo specchio dell'anima".
Grazie cheers drunken

aiello maria

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Messaggio  Angela La Mura Gio Dic 18, 2008 4:11 pm

A proposito di silenzio..........................
Può dire tutto e niente, a volte è più sognificante di tante parole.
Il silenzio si può indicare, si pùò esprimere, si può scrivere, si può esperire, etc.
Il silenzio è un modo di comunicare della comunicazione non verbale.

In data 2-3-4- Ottobre 2008, si è tenuto un convegno all'Università Suor Orsola Benincasa propio dal titolo "Il Silenzio" organizzato dalla professoressa Zoppi e al quale alcune delle iscritte al forum hanno partecipato.
Ad essere sincera, quando ci è stato comunicato il titolo, sono rimansta un pò dubbiosa sul buon esito del convegno, poi partecipandovi sono rimasta entusiasta della trattazione e dei risvolti a cui sono pervenuti i vari interlocutori.
Si dice che: "Il silenzio é d'oro"; me ne sono resa conto ancora di più dopo il seminario...............

Angela La Mura

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