Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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IL MODELLO SISTEMATICO : quanto incide la famiglia sui disturbi psichiatrici del bambino

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Messaggio  Sorrentino Lucia Dom Nov 30, 2008 1:59 pm

Rileggendo i vari commenti , sul ruolo della famiglia elaborati in aula compreso l’intervento di Colomba persico con il film “Il figlio della luna” , mi viene in mente un aspetto opposto di come il processo interattivo della famiglia può portare alla psicosi del bambino, uno studio che ho effettuato durante la mia attività di docente di sostegno sui vari disturbi psichiatrici nel bambino.
Infatti a partire dagli anni 50, grazie ai contributi fondamentali di G. Bateson e del suo gruppo si è andata affermando una visione dei disturbi psichiatrici ( a cominciare dalla schizofrenia), come conseguenti a dinamiche relazionali e comunicative disturbate all'interno della famiglia.
La teoria del doppio legame (Bateson, 1956) in particolare sosteneva che l'essere sottoposti nel tempo a comunicazioni paradossali in cui un messaggio veniva dichiarato ad un livello, e contemporaneamente smentito, ad un altro, creava le condizioni per l'esordio di un disturbo psichiatrico.
Ciò era valido soprattutto quando il destinatario di tali comunicazioni era un figlio.
Questa concezione delle malattia mentale, supportata anche dallo studio della videoregistrazione di sedute con la famiglia, è stata formalizzata utilizzando la Teoria Generale dei Sistemi di L. Von Bertalanffy.
A livello pratico ciò si é tradotto nello sviluppo della terapia familiare e quindi nel coinvolgimento nelle terapie dell'intero gruppo familiare.
Secondo la visione sistemica, il processo interattivo familiare che porta alle psicosi del bambino vede il susseguirsi, nell'arco di tempo che copre tre generazioni, di una serie di rapporti tra i vari individui in cui domina la frustrazione e la delusione. L'ipotesi principale é che "…i genitori dei bambini psicotici fossero prigionieri di un rapporto carico di sofferenza che aveva preceduto la nascita del bambino. Tale sofferenza aveva ‘catturato’ la disponibilità creativa della madre, lasciandola vuota e incapace di far fronte alle pressanti richieste del figlio".
Il modello sistemico chiama in causa direttamente la madre, così come già gli autori psicoanalitici avevano fatto. La differenza sostanziale con la concezione psicoanalitica sta nel fatto che le difficoltà emotive della madre vengono inserite in un contesto in cui sia il marito sia la famiglia d'origine sono attori significativi.
Il processo che conduce alla psicosi vedrebbe, infatti, un iniziale situazione in cui la coppia, costituitasi per cercare delle gratificazioni affettive, compensative dei rapporti deludenti (e carichi di sofferenza) con la famiglia d'origine, si trova ben presto in una situazione di "stallo" in cui ciascuno si ritrae emotivamente all'altro, portando con se una serie di delusioni e risentimenti, evitando tuttavia di dichiarare apertamente questi reciprochi sentimenti. Il tutto é accompagnato da una sorta di "predizione negativa" sull'esito del matrimonio, non completamente accettato, se non addirittura avversato, da parte delle famiglie di origine.
In questa situazione in cui domina il rancore reciproco nasce il bambino, che viene coinvolto e "triangolato" nello stallo coniugale, arrivando anzi ad essere elemento stabilizzante del gioco preesistente. Il bambino cresce così in un contesto in cui la madre é frustrata del rapporto con il partner e insicura nel suo rapporto con il bambino, anche perché non viene sostenuta dalla propria madre che, anzi, la critica per la scelta del partner e per la sua inadeguatezza.
Il bambino sperimenta quindi un rapporto frustrante con la madre, la cui immagine negativa gli viene anche confermata dall'atteggiamento del padre e dagli altri famigliari.
Come il padre il bambino si sente insoddisfatto e frustrato e, quindi, come autorizzato a rifiutare il rapporto con lei. Il padre d'altra parte, si rivela un alleato interessato, che con il suo atteggiamento tollerante, permissivo e, a tratti seduttivo, sotteraneamente "istiga" il bambino contro la moglie.
L’autismo sarebbe la manifestazione della resistenza del bambino di fronte a questo tipo di dinamiche relazionali della coppia genitoriale.
Il bambino autistico quindi, al di la della sua apparente passività, é anch'egli attore di un dramma familiare in cui domina l'inautenticità e la strumentalità della relazione.
Bisogna sottolineare come queste ipotesi sul gioco familiare non esclude necessariamente un’origine organica del disturbo del bambino: la dinamica familiare tuttavia sarebbe differente da quelle che si possono osservare nelle famiglie dei bambini con deficit organico, non psicotici.

Buona domenica a tutti
Lucia Sorrentino
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Messaggio  rita moscatelli Dom Nov 30, 2008 7:24 pm

Penso che numerose siano le tecniche che i genitori possono utilizzare in questo ambito: tra queste vorrei ricordare quella del "tempo privilegiato", particolarmente positiva nei confronti dei bambini affetti dal Ddai.
Si tratta di una tecnica che prevede, da parte dei genitori, la capacità di ritagliarsi un piccolo spazio temporale, anche di soli pochi minuti, nell'arco della giornata, da dedicare al gioco. Durante questo tempo non si devono dettare regole, ma istaurare un clima positivo. Il bambino, così, si sentirà amato, gratificato, e ciò potrà predisporlo all'attenzione e all'obbedienza.
Rita Moscatelli

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