Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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EMOTIVITA' E DISABILITA'

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Messaggio  catia.dellomo Gio Dic 04, 2008 3:58 pm

Nella quotidianità della relazione educativa, ciò che ci diciamo e ci aspettiamo dall’altro, può non essere manifesto, ma esprimersi attraverso gli sguardi che ci si rivolge, attraverso il sorriso che può nascere spontaneo, attraverso l’atmosfera che sappiamo creare nella relazione coi nostri utenti. Mi ha sempre colpito molto come le persone disabili siano particolarmente sensibili all’atmosfera che si crea intorno a loro, tanto da diventare un vero e proprio specchio per chi con loro lavora. Questa caratteristica dipende principalmente da un aspetto psicologico, l’immagine debole che la persona con ritardo mentale può avere di sé.
Per molte persone con ritardo mentale l’esperienza di sé inizia nel momento in cui si riconosce loro il diritto
all’autodeterminazione in ogni aspetto della propria esistenza, aiutandole a diventare adulti in grado di “saper essere”, cioè di elaborare personalmente ciò che hanno appreso e fatto, a volte in anni di faticosi percorsi educativi, per poter vivere in ambiti diversi come protagonisti e costruttori della propria storia.
In questo senso, gli educatori sono strumenti che possono aiutare le persone con ritardo mentale a raggiungere una piena adultità, non solo realizzando percorsi in cui si insegna a saper fare, ma creando opportunità di crescita emotiva, in quanto le emozioni stesse, con la loro imprevedibilità e confusione rispetto ai nostri
parametri abituali, possono dare vita a “verità nuove, piacevoli o sgradevoli da cui, in ogni caso, non si potrà più prescindere nella costruzione del proprio progetto esistenziale”.
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Messaggio  francesca.pezone Gio Dic 04, 2008 6:20 pm

...sono pienamente concorde con te! Anche all'interno della scuola, ad esempio l’efficacia relazionale è una competenza complessa che parte dalla capacità dell’ insegnnate di instaurare un rapporto empatico (da éndon- pathos = sentire dentro) con l’allievo, fondato sull’accettazione incondizionata della persona, coi suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza; richiede esercizio della capacità di contenimento, della capacità di leggere il soggetto attraverso un intervento sistematico di osservazione e monitoraggio.
Il processo di insegnamento-apprendimento si esplica come un processo affettivo-cognitivo che si realizza all’interno della relazione docente- allievo ed ha una profonda influenza per entrambi. Il docente viene percepito come il “luogo” nel quale trasferire gli stati emotivi incontenibili che si scatenano soprattutto in situazioni nuove e inesplorate: il soggetto ripropone continuamente all’adulto di contenere la propria angoscia ogni qualvolta affronta una situazione che ritiene problematica.
....tutto questo mi fa pensare anche alla necessità di promuovere nelle scuole,così come sostiene Goleman, accanto all'alfabetizzazione culturale anche quella emozionale e, di quanto quest'ultima sia importante per la crescita di ognuno di noi.
Razz
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Messaggio  teresa aligante Gio Dic 04, 2008 9:57 pm

Sono pienamente d’accordo, anch’io penso che nelle scuole debba essere curata anche la dimensione emotiva. Ci si chiede spesso come mai il rendimento scolastico di bambini o ragazzi con un’intelligenza brillante crolli in modo drammatico in occasione di difficoltà familiari; perché alcuni studenti abbiano un buon rendimento scolastico e altri, intellettualmente non da meno, diano risultati scarsi; quali sono i fattori in gioco quando, ad esempio, persone con un elevato quoziente intellettivo falliscono e quelle con quozienti modesti danno prestazioni sorprendentemente elevate. La risposta risiede nell’esistenza di un altro tipo di intelligenza, sino ad ora poco considerata: l’intelligenza emotiva, ossia capacità di dialogare con le emozioni per controllarle senza reprimerle e senza far finta che non esistano. Imparare a gestire le emozioni, controllare gli impulsi, avere autoconsapevolezza, capire i sentimenti degli altri ecc…sono abilità necessarie per riuscire a stabilire relazioni sociali positive. Le emozioni sono degli “impulsi ad agire”, di cui ci ha dotato l’evoluzione per gestire le emergenze della vita. Quando è il momento di prendere decisioni o di agire, i sentimenti contano quanto il pensiero razionale e a volte anche di più.

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Messaggio  mariarosaria tarallo Gio Dic 04, 2008 11:45 pm

concordo, Teresa, credo che anche nei percorsi formativi di futuri educatori ed insegnanti si dovrebbe sempre più curare questo aspetto, questo impegno non è diffuso, anche perché per promuovere ciò occorre crederci, e averne fatto esperienza a propria volta.
Forse sbaglio, ma penso che, finché nel mondo dell'istruzione, dai più piccoli, dai ragazzi, dai giovani studenti e dagli adulti, in qualunque percorso di formazione, si continuerà a pretendere solo delle "risposte" in termini di categorie e contenuti di una disciplina, il Sapere, il VERO Sapere, continuerà ad essere per tanti una occasione perduta. Solo quanti hanno a cuore davvero la crescita nella Conoscenza di OGNI alunno e studente, aprono le porte a quell'intelligenza che tu hai menzionato, e che, a sua volta, accende tanti "contatti" in più, nel gioco proficuo di motivazioni ed emozioni, e rende finalmente partecipe ciascuno del proprio apprendimento, del proprio percorso educativo.


Ultima modifica di mariarosaria tarallo il Mer Dic 17, 2008 1:32 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio  Angela Riv. Mer Dic 17, 2008 11:09 am

L'aspetto relazionale è fondamentale sia per i normodotati,sia per i diversamente abili.I bambini hanno bisogno di relazionarsi,di vivere con gli altri e condividere con loro esperienze di vita.Le relazioni aiutano a crescere,a stabilire dei rapporti.Una vita senza relazioni è davvero difficile.Penso ai soggetti autistici che purtroppo non riescono a relazionarsi.Oggi però esistono varie terapie che possono aiutarli.
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Messaggio  mariarosaria tarallo Mer Dic 17, 2008 3:24 pm

La scoperta e poi la ri-scoperta continua dell'intelligenza emotiva, e, in particolare, del ruolo delle emozioni nel processo educativo, secondo me dovrebbe tradursi anche in una maggiore professionalità ad hoc, lo dico sempre con ottimismo (perché penso che gli esseri umani, quando vogliono fare qualcosa poi lo fanno ; ) ma credo che, al di là dell'indubbia formazione che si cerca di dare ai futuri educatori formatori insegnanti, tale professionalità non sia ancora avvertita come una necessità. Secondo me non basta sapere che esiste l'intelligenza emotiva, non è sufficiente essere informati del ruolo delle emozioni, ma occorrerebbero dei percorsi esperienziali, raccordati con il tirocinio didattico, nei quali poter accrescere le mappe mentali in merito, anche grazie all'esperienza. Ci sarebbee molto da dire, ma accenno solo tutto questo. Se qualcuno raccoglie questi accenni, saprà meglio di me svilupparli. Buona giornata a tutti, ciao ; )
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Messaggio  Marianna A. Russo Mer Dic 17, 2008 8:04 pm

Angela Riv. ha scritto:L'aspetto relazionale è fondamentale sia per i normodotati,sia per i diversamente abili.I bambini hanno bisogno di relazionarsi,di vivere con gli altri e condividere con loro esperienze di vita.Le relazioni aiutano a crescere,a stabilire dei rapporti.Una vita senza relazioni è davvero difficile.
E' vero Angela,relazionarsi con gli altri è bellissimo,si cresce e poi una vita senza relazioni non sarebbe bella. E quindi,almeno in classe,questo è uno dei tanti compiti dell'insegnante sia di sostegno che di base.
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Messaggio  Rosaria Kaiser Gio Dic 18, 2008 12:09 am

I genitori con figli disabili vivono frequentemente il sentimento di esclusione sociale e il peso emotivo che ciò comporta. Talvolta basterebbe inserirli in un gruppo di auto-aiuto guidato da un esperto che conosca i meccanismi relazionali scatenati dall’handicap in una famiglia e che sia in grado di modellare il suo Io nel rapporto con i soggetti interessati, senza però rimanerne eccessivamente coinvolto. No

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Messaggio  alessia verre Gio Dic 18, 2008 11:53 pm

Sono pienamente daccordo con voi,è ormai diffusa la consapevolezza che un clima comunicativo favorevole stimoli nei bambini l'apprendimento cognitivo e che molte delle difficoltà nella conduzione di una classe siano conseguenza di accumuli emotivi negli allievi e negli insegnanti.
Per controllare, quindi, l'emotività a scuola e per convogliarla verso direzioni positive è necessario spesso affrontare un processo di cambiamento. E' noto che ogni cambiamento di tale genere investe la professionalità del docente sia nei suoi aspetti didattici, sia in quelli relazionali, a causa della complessa serie di rapporti in cui l'insegnante è inserito e che coinvolgono, attraverso i genitori e il quartiere, una vasta realtà sociale.

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Messaggio  tesone andreana Ven Dic 19, 2008 12:15 pm

Nell'Inghilterra dei primi anni settanta, all'interno del movimento radicale dell'Union of the Physically Impaired against Segregation, si è andato sviluppando il cosiddetto modello sociale della disabilità. Esso ha introdotto all'interno del dibattito sulla disabilità e sulle strategie d'intervento sociale e politico una nuova idea: la disabilità è un prodotto sociale. La disabilità viene perciò considerata una costruzione sociale e non più l'esito di una menomazione fisica o psichica.

Ne consegue che, piuttosto che riparare la persona con disabilità, l'obiettivo è di provvedere servizi mirati alla rimozione delle barriere sociali e ambientali, in modo da rendere possibile una piena partecipazione sociale, fisica e lavorativa dei disabili. Il modello sociale tende pertanto ad evidenziare le condizioni sociali che disabilitano l'individuo, gruppi di individui, classi sociali, minoranze culturali ed etniche e così via, ponendo anche particolare attenzione ad ogni forma di linguaggio che può favorire la stigmatizzazione di alcuni individui, il giudizio colpevolizzante, l'offesa.

Gli esponenti del modello sociale hanno offerto agli studi e alle politiche sulla disabilità, nonché alla cultura in genere, una ricca ermeneutica del linguaggio, una critica attenta di ogni forma irrispettosa di classificazione, ben sapendo che dietro ogni parola si apre un mondo di significati che rende possibile ogni forma di socializzazione.

Anche la sessualità di una persona disabile è riletta alla luce del modello sociale e, piuttosto che essere ridotta ad un problema medico o psico-sessuologico, viene ricondotta al contesto socio culturale entro cui si sviluppa l'identità sessuale di una persona disabile. Shakespeare (1996) mette in evidenza una vasta gamma di esperienze emotive e sessuali di disabili fisici e psichici, analizzando le dinamiche socio culturali che guidano il comportamento sessuale delle persone con disabilità. Secondo Shakespeare la società occidentale è ancora largamente permeata da un modello medico della disabilità che, ponendo l'equazione disabilità=menomazione, sottolinea una visione tragica della disabilità, finendo per concentrarsi esclusivamente sul deficit psichico o fisico e trascurando la sessualità dei disabili, considerata come un non problema

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emotività e disabilità - EMOTIVITA' E DISABILITA' Empty Emotività e disabilità

Messaggio  aldo Gio Dic 25, 2008 8:53 pm

Le emozioni giocano un ruolo importante nella vita di ognuno,pertanto è necessaria la loro alfabetizzazione,al fine di essere capaci di conoscerle e di gestirle.Nel soggetto disabile l'educazione emotiva è ancora più importante proprio a causa della sua condizione,quindi gli insegnanti devono attivarsi in questa direzione.
Aldo.

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