Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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"Le parole sono importanti"

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Messaggio  mariarosaria tarallo Lun Nov 24, 2008 1:05 am

La discussione in corso su Pistorius si presta in modo particolare all'apertura di nuovi confronti, che ampliano lo spazio di discussione.

In questa discussione derivata, aggiungo che, a prescindere da ciò che penso io nel pronunciare e nello scrivere quei termini (diversamente abile e diversabile), non sono certa che siano poi quelli più giusti, come molti sostengono; anche perchè, ripeto, (basta farsi un giro nel web, o effettuare altri tipi di ricerche sull'argomento), quelle espressioni non hanno riscosso poi ugual favore in tutte le persone che conoscono o hanno conosciuto che cosa sia la disabilità. Queste persone, anzi, sono stanche, molto spesso, della demagogia e della retorica che caratterizza l'approccio da parte della società, secondo alcune di esse, ai loro problemi, cioè, soprattutto, all'urgenza di servizi.

Di fatto, noi comunichiamo con le parole e non sempre è facile utilizzarle, diciamo che ci sono anche parole in fase di "sperimentazione";ciò non per un mero "vezzo" linguistico, ma proprio perchè poi le parole hanno ricadute in ambiti delicati, come quelli dei diritti e dei servizi!
Nell'ottica di servizi da erogare, e di regole con le quali organizzarsi, la società ha bisogno di "definizioni", ma se potessi utilizzare parole diverse, parlerei di "Persone che hanno conosciuto o vissuto in prima persona la disabilità"; tuttavia ciò non è certo esaustivo.
Il fatto è che, siccome in questa società avviene che anche taluni dei diritti più "scontati" debbano invece essere sudati, c'è bisogno di "classificazioni", già ai fini, ad esempio, del riconoscimento di contributi assistenziali, di erogazione dei servizi e così via. La questione è molto complessa e non sarà certo la nostra comune fede nel valore della Persona a semplificarla, anzi proprio essa ci chiama, credo, a considerare la persona stessa e, con essa, le relazioni intercorrenti nella società, (anche nel campo del diritto), nell'ottica di una complessità che implica una ricerca continua, fatta, inevitabilmente e per fortuna, anzi, di dubbi, perplessità, più punti di riferimento, la considerazione di tante sfaccettature di una stessa questione (della disabilità come della libertà di coscienza e di tutti i temi cosiddetti caldi dell'età contemporanea).

Se proprio devo essere sincera, la mia opinione è che nessuno dei termini attualmente diffusi e più "in voga" (mi si perdoni l'espressione) per riferirci alle Persone con dei problemi di varia natura siano davvero quelli giusti, ma non spetta a me stabilirne di altri. Per me esistono le Persone, punto e basta, delle Persone che sono tutte uguali in quanto all'essere Persona, in quanto a dignità, per il fatto stesso di essere tali, con o senza gambe, con o senza braccia, con o senza caratteristiche simili, di volta in volta, a quelli che intendiamo per i cosiddetti normodotati.

Nel riflettere su questo che sento e che penso, ho fatto una ricerca in merito e ho trovato due spazi che vorrei segnalarvi; anche alla luce di essi, vorrei sapere che cosa pensate anche voi a proposito della terminologia
.


1) "COME SCEGLIERE LE PAROLE?" di Elena Armellini (Trovate l'articolo verso il centro della pagina dell'Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, cliccando QUI

2) "LE PAROLE SONO IMPORTANTI" , articolo che trovate, nel sito WebAccessibile,
cliccando QUI NOTA: mi riferisco in particolare ai paragrafi " Consigli pratici" e allo "Schema riassuntivo", che ho trovato molto interessanti.

Tra questa e le altre, ormai numerose, discussioni in corso, credo che ci siano molti aspetti su cui confrontarci.
Cordialità e una serena settimana a tutti.


Ultima modifica di mariarosaria tarallo il Ven Dic 05, 2008 2:50 am - modificato 2 volte.
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Messaggio  TaniaG Mar Nov 25, 2008 12:30 pm

Mariarosaria Tarallo ha scritto:La discussione in corso su Pistorius si presta in modo particolare all'apertura di nuovi confronti, che ampliano lo spazio di discussione.

In questa discussione derivata, aggiungo che, a prescindere da ciò che penso io nel pronunciare e nello scrivere quei termini (diversamente abile e diversabile), non sono certa che siano poi quelli più giusti, come molti sostengono; anche perchè, ripeto, (basta farsi un giro nel web, o effettuare altri tipi di ricerche sull'argomento), quelle espressioni non hanno riscosso poi ugual favore in tutte le persone che conoscono o hanno conosciuto che cosa sia la disabilità. Queste persone, anzi, sono stanche, molto spesso, della demagogia e della retorica che caratterizza l'approccio da parte della società, secondo alcune di esse, ai loro problemi, cioè, soprattutto, all'urgenza di servizi.

Di fatto, noi comunichiamo con le parole e non sempre è facile utilizzarle, diciamo che ci sono anche parole in fase di "sperimentazione";ciò non per un mero "vezzo" linguistico, ma proprio perchè poi le parole hanno ricadute in ambiti delicati, come quelli dei diritti e dei servizi!
Nell'ottica di servizi da erogare, e di regole con le quali organizzarsi, la società ha bisogno di "definizioni", ma se potessi utilizzare parole diverse, parlerei di "Persone che hanno conosciuto o vissuto in prima persona la disabilità"; tuttavia ciò non è certo esaustivo.
Il fatto è che, siccome in questa società avviene che anche taluni dei diritti più "scontati" debbano invece essere sudati, c'è bisogno di "classificazioni", già ai fini, ad esempio, del riconoscimento di contributi assistenziali, di erogazione dei servizi e così via. La questione è molto complessa e non sarà certo la nostra comune fede nel valore della Persona a semplificarla, anzi proprio essa ci chiama, credo, a considerare la persona stessa e, con essa, le relazioni intercorrenti nella società, (anche nel campo del diritto), nell'ottica di una complessità che implica una ricerca continua, fatta, inevitabilmente e per fortuna, anzi, di dubbi, perplessità, più punti di riferimento, la considerazione di tante sfaccettature di una stessa questione (della disabilità come della libertà di coscienza e di tutti i temi cosiddetti caldi dell'età contemporanea).

Se proprio devo essere sincera, la mia opinione è che nessuno dei termini attualmente diffusi e più "in voga" (mi si perdoni l'espressione) per riferirci alle Persone con dei problemi di varia natura siano davvero quelli giusti, ma non spetta a me stabilirne di altri. Per me esistono le Persone, punto e basta, delle Persone che sono tutte uguali in quanto all'essere Persona, in quanto a dignità, per il fatto stesso di essere tali, con o senza gambe, con o senza braccia, con o senza caratteristiche simili, di volta in volta, a quelli che intendiamo per i cosiddetti normodotati.

Nel riflettere su questo che sento e che penso, ho fatto una ricerca in merito e ho trovato due spazi che vorrei segnalarvi; anche alla luce di essi, vorrei sapere che cosa pensate anche voi a proposito della terminologia
.


1) "COME SCEGLIERE LE PAROLE?" di Elena Armellini (Trovate l'articolo verso il centro della pagina dell'Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, cliccando QUI

2) "LE PAROLE SONO IMPORTANTI" , articolo che trovate, nel sito WebAccessibile,
cliccando QUI NOTA: mi riferisco in particolare ai paragrafi " Consigli pratici" e allo "Schema riassuntivo", che ho trovato molto interessanti.

Tra questa e le altre, ormai numerose, discussioni in corso, credo che ci siano molti aspetti su cui confrontarci.
Cordialità e una serena settimana a tutti.


Davvero interessante tema...l'uso delle parole!io ho sempre pensato una cosa, le parole sono si importanti, ma importante è anche l'inflessione, il modo. Le definizioni cambiano in continuazione xkè si pensa ke possano fare meno male, ma non pensi che ci sia un pò di ipocrisia in questo concetto? Si abbiamo studiato la differenza tra le parole "disabile" e "diversamente abile", inflessioni negative o positive del termine..ma pensi che basti questo?e magari ci comportiamo con il "diversamente abile" come se fosse uno stupido!
Cioè le definizioni sono importanti ma il problema è un altro. Io non posso focalizzare la mia attenzione su come chiamare quel "povero bambino che sta sulla sedia a rotelle" se poi penso che sia "un povero bambino che sta sulla sedia a rotelle"....non so se mi sono spiegata bene...fammi sapere ehehehe
baci!
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Messaggio  angela rivieccio Mar Nov 25, 2008 9:24 pm

E' vero,le parole sono importanti,ma penso anch'io che non basta.Bisogna anche essere coerenti con il modo di agire e di confrontarsi con questi soggetti.Le nostre conoscenze teoriche ci insegnano l'importanza dell'integrazione dei disabili ma ognuno di noi deve intervenire nel proprio "piccolo" per favorire l'accettazione di queste persone ,che hanno il diritto di sentirsi parte della società.
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Messaggio  mariarosaria tarallo Mar Nov 25, 2008 11:52 pm

Ciao ragazze, vabè noi ci conosciamo da tempo, e capita di confrontarci anche dal vivo su cose della vita. A riguardo di questa, certamente la penso come voi sul fatto che sia, poi, la cosiddetta "pratica" l'inequivocabile campo di verifica della reale apertura delle persone alle differenze, del loro stare dalla parte dell'integrazione o della discriminazione e marginalità. Il mio intervento, però, voleva porre l'accento sul fatto che all'origine delle buone pratiche ci sono pur sempre delle parole, che talvolta possono fare la differenza a causa, dicevo, delle loro ricadute in campi come quelli dei diritti.
Anche in un progettare comune a favore dell'integrazione le parole sono importanti... Ma è altrettanto vero che questa è solo l'opinione di alcuni e la mia.
Mi fa piacere molto leggere la vostra, e spero che altre persone condividano le loro sul tema. Abbraccio.
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"Le parole sono importanti" Empty IL MIO PUNTO DI VISTA

Messaggio  Antonella Rivellino Gio Dic 11, 2008 10:19 pm

incoglia antonio ha scritto:
Ora dico io,tutta questa ricerca affannosa del termine giusto,che poi giusto non lo è mai... a che ha portato?ha dato vantaggi a quella categoria il solo cambio del nome? l unica cosa essenziale e fondamentale è ke si rispetti quella categoria!
se mi chiamano bianco,napoletano o uomo di colore bianco non fa nessuna differenza,l importante è ke ci sia rispetto verso di me e viceversa.




Riporto questo stralcio dell'intervento di Antonio,
perchè questo è un argomento che mi sta particolarmente a cuore e spesso me ne sono fatta "portavoce" nei dibattiti in aula...

Comprendo perfettamente il senso che Antonio dà a questo suo intervento e sono fermamente convinta che la sua critica sia positiva,nel senso che invita ad una maggior pratica di coerenza al di là dell'attenzione al semplice termine ( e se parla in questi termini è anche perchè -devo dargli atto!- sono stati spesi fiumi di inchiostro sulle definizioni ( che è sempre un aspetto positivo,a mio parere!),ma si è fatto poco e spesso male nella pratica!

Però,continuo a pensare che,specie per noi,che lavoreremo in questo campo,sia fondamentale condividere il senso di una giusta terminologia;
molte delle persone che stanno frequentando questo corso,hanno già avuto ( e lo dimostrano i loro interventi) contatto diretto con la "disabilità e la diversabilità", altri invece l'hanno conosciuta attraverso le esperienze del tirocinio,ma non hanno ancora avuto la possibilità di intrecciare un rapporto diretto con le persone di cui spesso parliamo,questo da un lato è positivo ( perchè si parte " senza schemi",con l'ausilio di una teoria pedagogica e di ricerca),ma dall'altro è un piccolo "svantaggio" perchè non sempre si può cogliere pienamente il senso della questione.

Mi spiego meglio,
al di là del fatto che ( spero!) nessuno di voi si sognerebbe di etichettare volutamente in senso malevolo questi bambini con termini poco corretti
( ad esempio nel gergo comune alcuni ancora dicono "mongoloide,deficiente...etc...")-questo non è il vostro caso!-
ma in alcuni casi,anche quei termini sui quali non sempre ci soffermiamo,potrebbero offendere qualcuno,o dare loro l'idea che li guardiamo solo da un certo punto di vista,dimenticandoci del resto...
Sono certa che quando qualcuno di noi sarà in classe con uno di questi bambini,lo capirà ancora meglio,
perchè è già grande lo stigma che si portano addosso ( per un'ignoranza dilagante),perchè aggiungere anche il nostro,seppur inconsapevolmente?
Cosa ci costa fare attenzione?

Tra l'altro,questa mia convinzione,l'ho rafforzata ulteriormente con lo studio delle famose ( e, ahimè oramai odiate !) " fasi di Piaget sulla formazione del pensiero dell'essere umano,che riassumo sommariamente con termini diversi dalla versione ufficiale (ma sostanzialmente identici in relazione al significato) alla luce di quanto mi occorre per quanto sto dicendo:

1)Esperienza
2)Imitazione
3)Immagine mentale
4)Linguaggio
5)Pensiero

Non a caso,il linguaggio (quello più o meno strutturato)è una delle funzioni che si sviluppa più tardi delle altre,
poco prima della formazione del pensiero vero e proprio,in quanto è proprio il linguaggio che arricchisce e definisce i significanti del nostro pensiero,
quindi FORSE, se diamo poca attenzione a questo aspetto,rischiamo di formulare pensieri difformi dal nostro "sentire" o dal nostro "dovere".

Sempre Piaget scrive che " il linguaggio inglobando le funzioni semiotiche (dall'oggetto concreto ad un significante interno o esterno)e simbolica,permette una ricostruzione del passato e l'anticipazione degli effetti di trasformazione o operazioni applicate al reale e perfino l'anticipazione dei processi stessi!"

Probabilmente,per accostarci al campo della disabilità/diversabilità.... dobbiamo proprio partire
1)dall'esperienza con queste persone,
2)per "imitarle" (nel senso di interpretare il loro mondo e il loro vissuto),
3)poi darcene un'immagine mentale - sto riprendendo le fasi di Piaget!-
4)e quindi strutturare un linguaggio consono
5)per il nostro pensiero sul tema
6)e quindi aggiungere "la fase mancante" quella dell'intervento sulla realtà di questi bambini.

Scusatemi se mi sono dilungata tanto ( ed ho anche riproposto Piaget ) ,
ma credo che questo aspetto,almeno per noi,non sia una cosa di poco conto.

Che ne pensate?


Ultima modifica di Antonella Rivellino il Ven Dic 12, 2008 3:45 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio  colomba.persico Ven Dic 12, 2008 4:21 am

incoglia antonio ha scritto:
Ora dico io,tutta questa ricerca affannosa del termine giusto,che poi giusto non lo è mai... a che ha portato?ha dato vantaggi a quella categoria il solo cambio del nome? l unica cosa essenziale e fondamentale è ke si rispetti quella categoria!
se mi chiamano bianco,napoletano o uomo di colore bianco non fa nessuna differenza,l importante è ke ci sia rispetto verso di me e viceversa.

Concordo con Antonio, questa volta hai proprio ragione... Razz
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Messaggio  Antonella Rivellino Ven Dic 12, 2008 3:51 pm

colomba.persico ha scritto:incoglia antonio ha scritto:
Ora dico io,tutta questa ricerca affannosa del termine giusto,che poi giusto non lo è mai... a che ha portato?ha dato vantaggi a quella categoria il solo cambio del nome? l unica cosa essenziale e fondamentale è ke si rispetti quella categoria!
se mi chiamano bianco,napoletano o uomo di colore bianco non fa nessuna differenza,l importante è ke ci sia rispetto verso di me e viceversa.

Concordo con Antonio, questa volta hai proprio ragione... Razz

Comby,ma io non volevo "smentire" Antonio,ma solo riflettere insieme a voi sull'argomento,tu,anche alla luce di quanto ho scritto io,che ne pensi'
è davvero superflua l'attenzione alle parole?
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Messaggio  tesone andreana Ven Dic 12, 2008 6:18 pm

anche io sono pienamente d'accordo con Antonio.

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Messaggio  Antonella Rivellino Ven Dic 12, 2008 6:23 pm

Cioè...?

voglio dire...non condividete quello che ho scritto?
Perchè io rispondevo proprio ad Antonio ( anche se non si trattava di una contrapposizione tra me e Antonio naturalmente!),
ma credo che questa "mancanza" di attenzione al linguaggio ( così come una sua eventuale attenzione ossessiva fine a se stessa) non porti a nessun cambiamento significativo,no ?
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Messaggio  rita_anvg Ven Dic 12, 2008 11:57 pm

Antonella Rivellino ha scritto:Cioè...?

voglio dire...non condividete quello che ho scritto?
Perchè io rispondevo proprio ad Antonio ( anche se non si trattava di una contrapposizione tra me e Antonio naturalmente!),
ma credo che questa "mancanza" di attenzione al linguaggio ( così come una sua eventuale attenzione ossessiva fine a se stessa) non porti a nessun cambiamento significativo,no ?



“Ora dico io,tutta questa ricerca affannosa del termine giusto,che poi giusto non lo è mai... a che ha portato?ha dato vantaggi a quella categoria il solo cambio del nome? l unica cosa essenziale e fondamentale è ke si rispetti quella categoria! mi chiamano bianco,napoletano o uomo di colore bianco non fa nessuna differenza,l importante è ke ci sia rispetto verso di me e viceversa.”

Antonio parla di rispetto, ma non credete che il rispetto si manifesti anche nei modi di parlare e non solo in quelli di agire?
Se una persona ci chiama bianco, napoletano o uomo di colore bianco nessuno di noi si offenderebbe perché non c’è nulla di discriminante, anzi sappiamo che da sempre la nostra “razza” (perdonatemi il termine bruttissimo che ho appena usato ma è solo per rendere l’idea) si è sempre imposta come superiore.
Un uomo dalla pelle scura probabilmente non accetterebbe il discorso di Antonio, perché se io mi avvicinassi e gli dicessi con tono amichevole “hei ciao amico negro”, probabilmente si offenderebbe perché in quella etichetta manifesto, se pur inconsapevolmente e involontariamente (come afferma Antonella), una sorta di discriminazione evidenziando la
diversità.
Lo stesso discorso, a mio avviso, vale per i soggetti diversamente abili.
Concordo pienamente con Antonella quando dice:


“anche quei termini sui quali non sempre ci soffermiamo,potrebbero offendere qualcuno,o dare loro l'idea che li guardiamo solo da un certo punto di vista,dimenticandoci del resto...
Sono certa che quando qualcuno di noi sarà in classe con uno di questi bambini,lo capirà ancora meglio”.


Buona serata a tutte Smile
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Messaggio  mariarosaria tarallo Lun Dic 15, 2008 2:02 am

rileggendo questo confronto, fino a giungere agli ultimi contibuti, la prima cosa che ho pensato è che sono stati evidenziati due aspetti, anzi tre, di una stessa questione.

L'affannosa ricerca del termine giusto, alla quale fa riferimento il collega Antonio, non è per nulla risolutiva della discriminazione che ancora serpeggia nella nostra società, talora abilmente mascherata proprio dietro taluni termini.

L'altrettanto affannosa ricerca dei fatti, tuttavia, se non preceduta e, ancor di più, accompagnata da una ritrovata fiducia nelle parole in questa nostra società, a mio parere, non garantisce la durata nel tempo neanche di successi locali nel campo della integrazione stessa.

La mia proposta di discussione, infatti, è frutto di una mia impressione (da incontri ed esperienze in contesti diversi da questo), mi sembra che noi esseri umani stiamo perdendo fiducia nel valore delle parole.

Secondo me lo stesso uso di una terminologia corretta che è fondamentale in una determinata disciplina, e nelle eventuali professioni ad essa legate, non è poi da sola affatto risolutiva delle problematiche connesse alla mancanza di fiducia nelle parole, all'aver smarrito il senso incommensurabile di esse, comunque siano pronunciate, anche per iscritto, o attraverso i linguaggi e le modalità più diversi, compreso quello delle persone che non odono non sentono e non vedono, quello di coloro che non odono e non sentono, e così via.

Le parole non solo veicolano la cultura, ma persino fanno cultura, e quindi, al di là della stessa correttezza della terminologia, è fondamentale, direi, anzi, prioritario, recuperare ciò che sembra scontato a sentirlo dire, ma la realtà lo sconfessa molto spesso: la fiducia nelle parole, appunto, che non sono necessariamente un passo avanti o un passo indietro rispetto alle buone pratiche;
il rapporto tra queste ultime e le prime, cioè le parole, è strettissimo.

Il modo di pensare le parole, di concepire l'universo che esse sono e rappresentano, è prioritario rispetto all'utilizzo poi corretto di esso nei più diversi ambiti, utilizzo corretto che, sono d'accordo con Antonella, è fondamentale.
Avevo scritto stanotte, e ho fatto un'aggiunta finale. Cordialità, ciao.

(ho ritoccato alcune cose, sfuggitemi per la stanchezza nell'ora del primo post ; ))


Ultima modifica di mariarosaria tarallo il Mer Dic 17, 2008 1:22 am - modificato 1 volta.
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Messaggio  Maria Grazia Di Paola Lun Dic 15, 2008 9:36 pm

le parole sono importanti, creano potere e danno potere.
Anticamente la retorica era una vera e propria disciplina assunta al rango di arte.
Con la parola si convince, si persuade, si lusinga, si ama, si disprezza, si vince...ecc...
Le parole possono contare tutto e niente a seconda di come vengono pronunciate e poi applicate.
L'importanza estrema del 'politicamente corretto' mi ha fatto pensare a quello che una volta ha detto il prof. Pizzo a lezione e cioè che molte volte si svuota volutamente il significato di una parole per renderla più malleabile, per coprire il nulla che c'è dietro di essa per poterla, così, manipolare più facilmente.
Sono convinta che molte volte sia meglio la crudeltà di una parola così com'è, una parola che non nasconde quello che si vuol dire, che di una parola edulcorata di ogni significato e resa ambigua e modificabile.
Fermo restando, naturalmente, che l'esattezza nel linguaggio scientifico e professionale sia rispettata.

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Messaggio  mariarosaria tarallo Mar Dic 16, 2008 2:35 am

grazie per il contributo molto interessante.
Le parole creano potere, ed è verissimo.
Ma possono creare anche cultura e sradicare la cultura del potere.
La manipolazione dei significati delle parole è molto ricorrente nella storia del genere umano.
Purtroppo.
Forse è una delle cause per le quali la fiducia nel valore delle parole viene molto spesso meno.
Anche questo purtroppo...
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Messaggio  caterina lupoli Mar Dic 16, 2008 3:21 pm

Concordo con Antonella, che ha saputo, come sempre, schematizzare il proprio concetto e renderlo più fruibile agli altri. Bye a tutti Caterina Lupoli

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Messaggio  Rosaria Kaiser Mer Dic 17, 2008 12:14 am

Inclusione che ancor prima che nei fatti deve essere nelle parole. Accade invece che quando una persona che deve parlare o scrivere di disabilita’ in un contesto scientifico, accademico o divulgativo, anche se culturalmente preparata ed in buona fede, si trova in grave difficolta’. Usa parole che fanno venire la pelle d’oca alle persone che vivono quotidianamente nel mondo della disabilita’. I love you

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Messaggio  Antonella Lucibello Gio Dic 18, 2008 1:29 pm

Un concetto di base della sociolinguistica, ( perdonate se mi rifaccio sempre a studi passati, mi viene naturale) dice che le cose esistono nel momento in cui si dà loro un nome e che la percezione che si ha di qualcosa, dipende molto da che nome le si è dato. L'esempio che si legge sui libri di solito è che gli eschimesi hanno decine di parole per dire “neve”. In realtà la lingua inuit può formare parole lunghissime aggiungendo molti affissi descrittivi. Tali affissi possono modificare le proprietà sintattiche e semantiche della parola di base, o aggiungere specificazioni che in italiano si esprimono con perifrasi (per esempio, "neve che cade", "fiocco di neve", "cumulo di neve", etc). Quindi se si cambia il nome a qualcosa anche la sua natura cambia. Il contrario dello shakespeariano "quella che noi chiamiamo rosa con un altro nome profumerebbe lo stesso".... forse se si chiamasse "sterco" anche l'odore che percepiamo ne subirebbe le conseguenze. Dare un nome carino alle cose è l'anticamera per goderne a pieno, sono d’accordo quindi con Antonella nel fare attenzione quando ci riferiamo ai disabili.
Sull’argomento volevo segnalare un libro di Umberto Eco : Kant e l’ornitorinco, in cui Eco muove dall’ipotesi che i procedimenti attraverso cui arriviamo a dare un nome alle cose, non siano separabili da quelli attraverso cui le pensiamo.

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Messaggio  Antonella Rivellino Gio Dic 18, 2008 3:17 pm

Grazie ad Antonella Lucibello,questo libro che hai proposto l'avevo sentito,ma non sapevo che trattasse proprio di questo...lo segno nei testi che mi interessano.
PErchè tu invece non lo proponi anche nella sezione di lettura?
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Messaggio  Antonella Lucibello Gio Dic 18, 2008 10:11 pm

Cara Antonella, in realtà in questo volume Eco raccoglie una serie di saggi che esplorano molti punti cruciali della semiotica ma anche della scienza cognitiva e più in generale della filosofia di ogni tempo, da Aristotele a Heidegger. Vengono discussi i problemi dell'essere, della verità, del falso, del riferimento, della realtà, dell'oggettività della conoscenza e della congettura. La complessità degli argomenti trattati rende il volume una lettura adatta a chi intende affrontare un testo di filosofia, con le sue connotazioni linguistiche e logiche e con le problematiche proprie di questa disciplina. Quindi il modo in cui si categorizza la realtà attraverso il linguaggio è solo una delle tante riflessioni fatte da Eco. Mi scuso con te e con tutti per non aver chiarito prima tutto questo, il libro è molto bello ma i temi trattati non hanno attinenza in generale con gli argomenti del nostro corso. Penso quindi che non sia il caso di proporlo nella sezione lettura.

Antonella Lucibello

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Messaggio  mariarosaria tarallo Mar Dic 23, 2008 7:43 pm

Ringrazio l'amica Antonella Lucibello per questo contributo così interessante, rispetto anch'io la scelta della non segnalazione nell'angolo libri, anche se, a dire il vero, nel processo di costruzione della Conoscenza, sicuramente un testo come questo che hai sapientemente illustrato è assai utile, in ogni caso, al di là della specificità di tematiche singole, come quella del linguaggio, le quali, nella prospettiva di un sapere unitario, sono strettamente correlate. Quindi non possiamo perdercelo, e spero che in tanti lo possiamo leggere,grazie, quindi, Anto e a presto rileggerti con un altro dei tuoi interessantissimi contributi. Abbraccio e buon Natale ; ))
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Messaggio  Angela La Mura Mer Dic 24, 2008 8:30 pm

Grazie Antonella per la segnalazione di questo libro interessante.
Ottimo intervento e buon prosieguo.

Angela La Mura

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Messaggio  aldo Gio Dic 25, 2008 8:03 pm

E' vero che le parole sono importanti,ma ancora di più lo sono i fatti concreti.Ne consegue un impegno costante e continuo da parte di ognuno e di tutti per venire incontro al complesso problema della disabilità e delle sue implicazioni.Siete d'accordo?
Saluti,Aldo.

aldo

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"Le parole sono importanti" Empty Re: "Le parole sono importanti"

Messaggio  teresa aligante Dom Dic 28, 2008 3:06 pm

Dal "Trattato di Magia Bianca" di A.Bailey:
"È stato detto che il «mezzo principale con cui la ruota della natura vien mossa verso la vita fenomenica, é il suono», perché il suono originale, o la Parola, mette in vibrazione la materia di cui tutte le forme sono fatte e inizia quell'attività che caratterizza anche l'atomo della sostanza."
…La mente crea e dà forma a idee, pensieri e concetti, emozioni e sentimenti infondono forza, la Parola mette in moto queste entità dotate di vita propria, rendendole capaci di interagire con l'ambiente. Tale è il potere della parola e l'importanza che riveste la comunicazione. Nella Comunicazione è insito un magnifico potere creativo. Si dovrebbe prestare molta attenzione allo stato della mente e delle emozioni, in quanto fattori condizionanti, ai moventi consci ed inconsci che qualificano il nostro comunicare, alle conseguenze che avranno le parole espresse, delle quali siamo responsabili. Dovremo essere consapevoli che le nostre parole possono illuminare o confondere, aiutare o danneggiare, costruire o distruggere. L'esasperazione del linguaggio, la polemica sterile, la denigrazione e la demonizzazione dell'"altro", le condanne senza appello, non portano né alla verità né alla giustizia bensì creano complicazioni, disarmonie e sofferenza generale…
"Chi riesce a comprendere l'importanza della parola, impara a parlare, quando parlare, che cosa ottiene con la parola e che cosa succede quando parla, é sulla giusta via per raggiungere la meta" (Maestro D.K.)

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"Le parole sono importanti" Empty l'importanza delle parole

Messaggio  Rossella Accardo Lun Dic 29, 2008 2:18 pm

Le parole sono importanti!" diceva qualcuno. E lo sono veramente.
L'importanza di una parola giusta, nel giusto contesto, è uno strumento talmente potente da riuscire a cambiare una giornata, un momento, una vita.
"Le parole sono importanti". Si perchè se abbiamo una parola (o più) per ogni concetto, perchè utlizzarne di altre, che probabilmente non rendono veramente l'idea di quello che vogliamo esprimere. Ed è molto rischioso, usare la parola sbagliata.
Si rischia di confondere il proprio interlocutore, si rischia di farlo cadere nella cosiddetta "ansia della comprensione", l'arrovellarsi cronico alla ricerca di un senso profondo, che poi, tanto profondo alla fine non è.
Il ruolo delle parole è quello di veicolare un sentimento, un'impressione, un concetto, in poche lettere, in pochi segni grafici inventati da noi stessi, nel corso del tempo, con l'evoluzione della tecnologia. E allora perchè prendersi la briga di reinventare, di stravolgere, in un delirio di onnipotenza?
"Le parole sono importanti". E' importante sentirsi dire "mi ha fatto piacere, sono stata contenta" ma è altrettanto importante sentirsi dire "mi hai deluso". Cosa conta quindi nelle parole? La forma, o il contenuto? Propendo per la prima. "Mi ha fatto piacere, sono stata contenta" scatena in noi un sentimento di orgoglio, quasi narcisistico, la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono per una persona. Un sentimento. "Mi hai deluso" invece fa scaturire dentro un bisogno di capire, un bisogno di ricercare il nodo cruciale, l'esatto momento in cui le tue azioni abbiano smesso di essere positive, per una persona, e sono passate dall'altra parte della barricata. "Mi hai deluso", dicevo, scatena una forsennata ricerca interiore. E non è forse questa una cosa positiva? Non è il vero obiettivo dell'Uomo quello di ricercare, di scavare, di trovare e di piangere, una volta scovato il Senso?
Probabilmente le riflessioni sul merito delle frasi e delle parole, sulla loro qualità, sono per chi si ferma ad un livello superficiale, per chi si chiede solamente "cosa?" invece di "come?".
Rossella Accardo
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"Le parole sono importanti" Empty Re: "Le parole sono importanti"

Messaggio  mariarosaria tarallo Mar Gen 06, 2009 12:11 am

Stasera sto postando qualche video, in dirittura d'arrivo della nostra esperienza, anche se in tanti speriamo che essa possa avere un seguito anche qui.
Qui nel post sull'importanza della parole, propongo il video di "Maria Catena", un brano di una delle mie cantanti preferite, Carmen Consoli, un brano che sempre fa riflettere, e con il quale riassumo il filo rosso anche del lavoro di gruppo svolto conle mie colleghe: le parole possono essere comunicazione, positiva o negativa, per una esistenza in armonia con i propri simili o per creare stereotipi, pregiudizi, discriminazioni.
L'esperienza di cui si narra nella canzone è metafora anche di tante altre esperienze umane di tante vittime del pregiudizio.
Le barriere, fisiche, culturali, digitali nei confronti della disabilità sono solo la punta dell'iceberg delle discriminazioni diffuse a tutti i livelli nella nostra società, del pregiudizio strisciante, che spesso si veste di apparente legittimità, talora anche della stessa ortodossia religiosa.
Guardiamo insieme il video, se vi va, e, se qualcuno ha piacere di farlo, spero anche in contributi in questi ultimi giorni prima della verifica orale. Un abbraccio e ancora buon inizio d'anno a tutti voi. Cordialità, ciao ; )


Maria Catena attendeva paziente il turno per la comunione
Quella domenica Cristo in croce sembrava più addolorato di altri giorni
il vecchio prelato assolveva quel gregge
da più di vent'anni dai soliti peccati
Cristo in croce sembrava alquanto avvilito
dai vizietti di provincia


Primo fra tutti il ricorso sfrenato
al pettegolezzo imburrato infornato e mangiato
quale prelibatezza e meschina delizia per palati volgari
larghe bocche d'amianto fetide come acque stagnanti


Cristo in croce sembrava
più infastidito dalle infamie che dai chiodi

Maria Catena anche tu
conosci quel nodo che stringe la gola
Quel pianto strozzato da rabbia e amarezza
da colpe che infondo non hai
e stai ancora scontando l'ingiusta condanna
nel triste girone della maldicenza

e ti chiedi se più che un dispetto il tuo nome
sia stato un presagio

Maria Catena non seppe reagire
Al rifiuto del parroco di darle l'ostia
E soffocò nel dolor quel mancato amen
E l'umiliazione
Secondo un antico proverbio
ogni menzogna alla lunga diventa verità

Cristo in croce mostrava
un sorriso indulgente e quasi incredulo


Maria Catena anche tu
conosci quel nodo che stringe la gola
Quel pianto strozzato da rabbia e amarezza
Da colpe che infondo non hai
E stai ancora scontanto l'ingiusta condanna
Nel triste girone della maldicenza

E stai ancora scontando l'ingiusta condanna
Nel triste girone della maldicenza
E ti chiedi se più che un dispetto
il tuo nome sia stato un presagio
_____________________
Questa canzone mi è molto cara, perchè Carmen ha davvero saputo rendere, con immagini essenziali e ad un tempo esaustive, certe contraddizioni umane.
Adoro l'immagine di "Cristo in croce" che dà, mentre lui cerca di porre riparo ai colpi di quel tipo di comunicazione nei confronti della protagonista (Maria Catena), e cerca di farlo con un sorriso indulgente verso di lei (e incredulo verso la durezza del cuore e la stupidaggine anche dei suoi stessi ministri che non fanno nulla per combattere quel tipo di non cultura). Si parla di linguaggi, di comunicazione... A volte, parlando con uno dei presbiteri di una comunità parrocchiale, pensando a persone colpite dalla stessa non cultura di cui è vittima maria catena, mi diceva : "Bhè, sai, Mariarosaria, è difficile sradicare questo modo di fare, il pettegolezzo fa parte della natura umana!" Speravo che si facesse carico, disponendo di un ambone dal quale si possono dire cose, di sensibilizzare le persone su questo, dicendo che comunque non si è migliiori delle prostitute, soprattutto se ci si sente migliori di esse e se si punta il dito, e così vale verso tutte le "categorie" di persone. Io veramente non mi sono mai convertita a quella sua convinzione, e credo che fin da bambini dovremmo essere educati a riconoscere questo rischio e a non caderci, promuovendo il rispetto delle identità e delle storie personali. Lo dico anche perchè ho conosciuto persone che, al di là di tutti i giudizi sul gesto, decisero di chiudere le proprie entrate in questo mondo, perchè tormentate da stereotipi e pregiudizi per i quali le loro esistenze erano ormai marchiate. E questo non l'ho mai accettato, giurando sulle loro bare di essere in prima linea, al fronte di ogni battaglia verso i pregiudizi e il pettegolezzo, che sono delle forme di violenza vere e proprie! Creano essi le accezioni negative della diversità, nel caso della disabilità, come in ogni altro caso. E questo proprio va cambiato. L'Educazione come sempre, secondo me, è la risposta migliore- STOP DISCRIMINATION, ma STOP, soprattutto, alla cattiva abitudine del parlar male, del pettegolezzo, del pregiudizio!
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Messaggio  mariarosaria tarallo Mar Gen 06, 2009 12:49 am

"La dialettica è lo sviluppo dello spirito della contraddizione, che fu dato all'uomo perchè imparasse a distinguere la differenza delle cose." (Goethe)
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