Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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parliamo di resilienza

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty una scintilla

Messaggio  mariarosaria tarallo Dom Nov 30, 2008 4:06 pm

la resilienza secondo me è tutto ciò che è stato detto e forse anche un po' di quello che dirò io; ma nello stesso tempo è sempre qualcosa in più: per me è quella scintilla che si accende dentro di noi quando su altre cose sembra calare il buio, quando perdiamo per sempre qualcosa di noi o qualcuno, è qualcosa che, secondo me, non si improvvisa, ma è il frutto di cose che abbiamo sperimentato già e che, magari, abbiamo dimenticato nell'abitudine del vivere, a partire da quella voglia di venire al mondo, che ci porta ad uscire dall'utero materno per vedere per la prima volta la luce del Sole; quella voglia di comunicare, di conoscere quanti ci sono intorno, di essere in relazione; quella voglia di essere ciò che possiamo essere,semplicemente, insomma è un qualcosa che, secondo me, è presente nel nostro codice genetico, nella nostra natura di uomini e donne, ma che non è sempre facile attivare; quando avviene, ci riporta a quella voglia, di esistere, di essere in relazione. Certi dolori, certe tragedie, di qualunque tipo, ci fanno "rimescolare le carte", e tante cose a cui si dava importanza eccessiva fino a farcene condizionare (ad esempio per compiacere gli altri) Ora si ridimensionano, si ritrova il senso vero del proprio vivere, c'è un attimo, confuso tra milioni, in cui una persona, senza neanche forse rendersene conto, sente il calore di quella scintilla, nel gelo e nel vuoto che la morte o altre cose scavano dentro, e in quel calore trova la forza di uscir fuori, di venir fuori dal buio, come quando nasciamo, per ri-trovare il Sole.


Ultima modifica di Mariarosaria Tarallo il Dom Nov 30, 2008 5:32 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio  simona.asciolla Dom Nov 30, 2008 4:22 pm

Che belle parole che hai detto Rosy...concordo a pieno con te!!! flower

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Messaggio  angela rivieccio Dom Nov 30, 2008 5:23 pm

Superare le difficoltà della vita,reagire,lottare,sviluppando una sorta di adattamento non è per niente facile,eppure le persone diversamente abili che hanno subito un grave trauma, riescono a realizzarsi,a vivere in maniera discreta e a "tirare fuori" le loro potenzialità residue in modo eccezionale e con grande determinazione.
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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Concetto di Resilienza

Messaggio  Alessia.Zoccoli Dom Nov 30, 2008 5:36 pm

La resilienza o resistenza psicologica è la capacità di gestire tutto ciò che provoca stress senza farsi travolgere.
È un dono che possediamo dentro di noi. Coloro che affrontano eventi critici o traumatici in modo positivo e costruttivo hanno una caratteristica che viene chiamata resilienza.
Essa può sempre migliorare e in coloro nei quali è meno presente può essere insegnata e appresa, rispettando quelle che sono le differenze individuali di ogni persona.
Siamo capaci di tirar fuori tale prezioso aspetto della nostra personalità?
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Messaggio  Angela La Mura Dom Nov 30, 2008 6:13 pm

Salve ragazze,
ho letto i vostri interventi e tutti sono concordi nel mettere in luce l'importanza della resilienza. Bisogna sviluppare l'idea di resilienza in ogni ambito, iniziando dal modo di impostare la propria vita. Credo che essere resilienti non può concordare con l'essere agoisti;essere resilienti è un modo di essere;significa avere una ben determinata visione della vita e delle mete da raggiungere;significa essere convinti di quello che si fa e del perchè,significa essere caparbi in senso buono,essere attivi, pronti e e determinati. Tutto questo può essere racchiuso nel essere "Cittadinanza Attiva".
Oggi 30 novembre 2008 un emerito membro di "Cittadinanza Attiva"(il segretario generale Maria Teresa Petrangolini) è intervenuto nella trasmissione "domenica in" condotta da Giletti ed ancora una volta ha messo in evidenza quando tutti noi semplici cittadini possiamo fare molto se ben organizzati in tutti i campi,dalla sanità alla scuola e dal privato al pubblico.
Spero che ognuno di noi metta in atto quel pizzico di resilienza che c'è in ognuno di noi e metta da parte ogni forma di egoismo che a volte purtroppo prevale.
Buona CITTADINANZA ATTIVA a tutti!!!!!

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Messaggio  elvira70 Dom Nov 30, 2008 6:42 pm

secondo quanto sò , è la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato, per questo viene associata a situazioni traumatiche.Ci dà la possibilità di reagire positivamente a scapito delle difficoltà e la voglia di costruire qualcosa usando la forza che è in noi. Forse bisognerebbe fare dei corsi per aumentarla e sfruttarla meglio non credete?

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Messaggio  mariarosaria tarallo Dom Nov 30, 2008 7:04 pm

secondo me hai ragione, Elvira, i percorsi educativi, a partire dalla scuola, dovrebbero comprendere questo aspetto, però poi, in fondo, a pensarci bene, se davvero certi progetti si svolgessero con la coerenza teorico-progettuale con cui sono elaborati, non ci sarebbe neanche bisogno di quello che tu ed io sosteniamo, in quanto un percorso veramente degno di chiamarsi educativo non può non mirare alla scoperta, alla cura e alla crescita di tutte le possibilità di una persona, compresa quella di affrontare gli eventi e le situazioni più difficili: concepisco l'educazione permanente anche in questo senso. Sento il concetto di resilienza collegato soprattutto proprio a quelle situazioni più apparentemente difficili da affrontare. Non sembrino concetti astratti, penso ad esempio a intere popolazioni che hanno dato mirabile prova di resilienza in occasione del terremoto-maremoto che colpì nel 2004 l'intero Sud-Est Asiatico: mentre gli operatori delle tv accorsi sui luoghi interessati riprendevano quello scenario di distruzione e morte, quegli uomini e quelle donne, di ogni età, donavano un sorriso, indimenticabile e sembravano trasmettere, proprio essi, ormai privati di tanti affetti, di un tetto, di tutto, sì, proprio essi sembravano trasmettere, anzi di fatto trasmettevano la forza dell'andare avanti, accettando quanto avviene, passandoci attraverso, fino in fondo, e proseguendo nel nome del valore della Vita stessa.
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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Resilienza

Messaggio  Rosaria Kaiser Dom Nov 30, 2008 7:28 pm

king Questa proprietà non è solo dei metalli, può essere anche degli esseri umani.
Spesso viene detto, e si perpetua come cosa nota e legge dell'esistenza, che gli eventi della vita possono cambiare il nostro modo d'essere...

Come il bruco in farfalla.....Ma c'è un altro tipo di cambiamento che non è evolutivo:quando si rinuncia a se stessi piegati dagli eventi.....A questo proposito ricordo una canzone di Fiorella Mannoia"Come si cambia per non morire" bounce

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Resilenza

Messaggio  Rosaria Kaiser Dom Nov 30, 2008 7:44 pm

Ciao adriana,anch'io penso che una persona resiliente lo diventa nel corso di un processo di crescita per questo è importante che un bambino cresca in un ambiente dove si senta accettato ed amato.... Very Happy

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Tratto da "The natural child project"

Messaggio  colonnacchio antonietta Dom Nov 30, 2008 8:50 pm

L'immagine eccellente dell'iceberg proposta da Olivier Maurel mi ha aperto gli occhi sul fatto che i gruppi che parlano tanto entusiasticamente della resilienza ovvero della capacità di recupero dei bambini sembrano preoccupati solo dei bambini visibilmente maltrattati e abbandonati. È vero, a quei bambini la società di oggi offre vari modi di superare anche i più terribili effetti dei traumi subiti in precedenza e di poter recuperare, grazie alla sicurezza che possono sviluppare da tutto questo. Il sistema legale che spesso (se non sempre) si schiera dalla loro parte, testimoni illuminati, avvocati empatici, terapeuti ben preparati, tutta questa gente aiuta un bambino maltrattato a diventare un sopravvissuto consapevole che in seguito non vorrà rifare ai suoi bambini quello che è stato fatto a lui.
Ma noi, il gruppo che si occupa del problema della violenza educativa, parliamo di qualcos'altro. Parliamo del 90% della popolazione mondiale che ha subito una pazzia 'pedagogica' senza mai diventare consapevoli di quanto fosse connessa all'umiliazione e ad altri gravi traumi. Le vittime di questo tipo di violenza non possono contare sull'empatia della società, perché l'intera società nega la loro sofferenza, in quanto nega la propria. Per le vittime di questo tipo di traumi non esiste nessun tribunale, nessun testimone illuminato, né compassione da parte di nessuno, almeno finché quasi tutti ripetono senza pensarci due volte: "Le botte non mi hanno fatto alcun male, mi hanno reso forte". Per questa ragione le vittime della violenza pedagogica non possono sviluppare alcuna resilienza, o capacità di recupero, diranno invece: "quello che mi ha fatto bene non farà male ai miei bambini". In questo modo si verifica la cosiddetta "trasmissione transgenerazionale". I bambini picchiati per motivi 'educativi' domani saranno quasi inevitabilmente dei picchiatori se non incominciamo a fare attenzione a questa dinamica.
Grazie al chiarimento di Olivier Maurel, capisco come i partigiani della resilienza si curano solo della punta dell'iceberg e trascurano la parte nascosta. È necessario che i mass media capiscano questa distinzione per evitare gravi fraintendimenti nelle discussioni attuali su questi argomenti. È necessario sapere che senza testimoni illuminati, senza l'aiuto di una società consapevole e ben informata, i bambini che vengono picchiati restano soli con la loro sofferenza repressa, e questo è il motivo per cui, per tutta la loro vita, saranno convinti che sono stati picchiati per il loro bene. Non possono sviluppare nessuna consapevolezza di questa ingiustizia, quindi nessuna resilienza.

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty la resilienza

Messaggio  masullo fiorenza Lun Dic 01, 2008 1:21 am

La resilienza ovvero storia di una virtù speciale

È quella magica forza che spesso permette alla famiglia ove vi sia una persona con grave disabilità di uscire rafforzata e meglio motivata dalle mille avversità che la contrastano, attraverso un processo di resistenza attiva che trasforma l'evento negativo in una forza propulsiva e propositiva che supera gli stessi confini familiari e "si riversa" sulla società circostante

Pendolo Charpy Izod per misurare la resilienzaNel lessico specifico di una famiglia con disabilità ci sono due termini che recentemente hanno assunto un significato speciale: empowerment e resilienza.
Il primo di questi gode da qualche tempo di una meritata fortuna: si tratta infatti di una parola inglese che sta a significare l’azione di potenziamento della consapevolezza di sé e della propria capacità di determinazione (si legga anche il testo Ricostruire il proprio futuro in questo stesso sito) e che è entrata a pieno titolo nella terminologia specifica delle associazioni che fanno capo alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap).

Il secondo termine, invece, è molto meno noto alla maggior parte delle persone, ma esprime benissimo una virtù specifica di quelle con disabilità e delle loro famiglie.
Da anni diciamo che non vi può essere una soluzione di continuità tra le persone con disabilità - specie se grave - e le loro famiglie, da anni ripetiamo che le problematiche delle disabilità grave investono sempre e necessariamente l’intero nucleo familiare.
"La famiglia con disabilità" è divenuta l’obiettivo specifico della nostra sia pur piccola azione e del nostro speriamo maggior sentire. Di essa e a favore di essa abbiamo indicato tre attività specifiche, che rappresentano e supportano la sua azione ideale dalla nascita del bambino con disabilità grave al suo miglior inserimento possibile nella società postfamiliare: la riabilitazione (precoce, intensiva, domiciliare e completa), l'integrazione scolastica di qualità e l'assistenza domiciliare integrata correlata alla gravità della disabilità stessa.

Oggi “scopriamo” questo termine magico, resilienza, appunto (magistralmente definito, tra l'altro, dagli studi di Aurora Fiorentini e Anna Oliverio Ferraris, e prima ancora da Boris Cyrulnik e fatto proprio, già dal 2003, così come re-agire, da Marco Espa e Francesca Palmas dell'Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna), che si adatta spendidamente ad una virtù caratteristica della famiglia con disabilità, che prima definivamo come "forza d’animo", "coraggio di vivere positivamente", "rafforzamento prodotto dalle avversità" o perifrasi simili.

Fortemente evocativo è già il significato originale del termine (di origine tecnico-ingegneristica) che sta ad indicare la resistenza di un materiale ad una forza che cerca di abbatterlo, di romperlo.
E quindi, resilienza = quella magica forza che permette spesso alla famiglia con disabilità di uscire rafforzata e meglio motivata dalle mille avversità che la contrastano, attraverso un processo di resistenza attiva che trasforma l’evento negativo teoricamente paralizzante in una forza propulsiva e propositiva che supera i confini familiari e "si riversa" sulla società circostante.
Da essa derivano i "vantaggi sociali" della famiglia con disabilità. E con "vantaggi sociali" indichiamo qui il guadagno che la famiglia con disabilità apporta alla società in cui vive: l’impegno nella riabilitazione precoce significa credere nella possibilità di recupero sociale dei più emarginati, l’integrazione scolastica di qualità simboleggia (o meglio attua concretamente) la costruzione di una società inclusiva, l’assistenza domiciliare integrata per i più gravi la capacità di dare ad ognuno secondo le specifiche necessità.

Parafrasando dunque un celebre detto politico di qualche decennio fa: Resilienza - Oggi, Domani, Sempre!
masullo fiorenza
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Messaggio  MADDALENA MACARI Lun Dic 01, 2008 1:29 pm

Cosa significa resilienza? Se consideriamo questo concetto in rapporto alle scienze sociali, possiamo dire che la resilienza corrisponde alla capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato.
La parola viene sempre associata con la tensione, stress, ansietà, situazioni traumatiche che ci colpiscono duramnte la nostra vita.
Gli esperti segnalano che si tratta di qualcosa che corrisponde alla natura umana, ma che non sempre si mette in atto e, anche se a volte si attiva, non sempre riesce a generare situazioni positive.

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Messaggio  Aldieri AnnaLisa Lun Dic 01, 2008 1:45 pm

In psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Si può concepire la resilienza come una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto con l'esperienza, i vissuti e, soprattutto, con il modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendono.
Proprio per questo troviamo capacità resilienti di tipo:
• istintivo: caratteristico dei primi anni di vita quando i meccanismi mentali sono dominati da egocentrismo e onnipotenza;
• affettivo: che rispecchia la maturazione affettiva, il senso dei valori, il senso di sé e la socializzazione;
• cognitivo: quando il soggetto può utilizzare le capacità intellettive simbolico-razionali.
Da queste considerazioni, possiamo dedurre che una resilienza adeguata è il risultato di una integrazione di elementi libidico-istintivi, affettivi, emotivi e cognitivi.
In questo modo la persona "resiliente" può essere considerata quella che ha avuto uno sviluppo psico-affettivo e psico-cognitivo sufficientemente integrati, sostenuti dall'esperienza, da capacità mentali sufficientemente valide, dalla possibilità di poter giudicare sempre non solo i benefici, ma anche le interferenze emotivo-affettive che si realizzano nel rapporto con gli altri.
Andrea Canevaro in “Bambini che sopravvivono alla guerra” definisce la resilienza come “la capacità non tanto di resistere alle deformazioni, quanto di capire come possano essere ripristinate le proprie condizioni di conoscenza ampia, scoprendo uno spazio al di là di quello delle invasioni, scoprendo una dimensione che renda possibile la propria struttura”.

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Educarsi alla resilienza

Messaggio  Lucia Calabrese Lun Dic 01, 2008 2:21 pm

Antonella Lucibello ha scritto:Grazie ai preziosi contributi apportati sull'argomento "resilienza", anch'io ho potuto conoscerne meglio il significato e a questo punto posso dire che la considero una se non LA più importante capacità per l'uomo e per tutti gli esseri viventi di sopravvivere in caso di danno fisico e/o psicologico. Secondo me però, al di là dell'aspetto istintivo, essa va compresa ed esercitata per far fronte alle continue e sempre più difficili sfide che la società di oggi ci impone ( guerre, crisi economiche, inquinamento, malattie).
Ma come fare ad essere sempre resilienti? Altrimenti detto: "Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare!" E' proprio questo mare che bisogna indagare se vogliamo riuscire ad esserlo, cioè valorizzare la dimensione affettiva, psicologica, intima dell'uomo, la conoscenza di sè e della vita nella sua interezza (insieme di bene e male).

La prima domanda che mi sono posta, leggendo i vari contributi a quest'argomento, è stata proprio questa: ma come si fa ad essere resilienti?
Mi sono detta: sicuramente è un tragitto irto di ostacoli, difficile da percorrere e superare, affatto semplice da accettare. Io penso che le parole, delle volte, possono anche aiutare ma è fondamentale porre l'attenzione sulla persona che deve intraprendere questo cammino, che si trova per un motivo o per l'altro a dover affrontare nella sua vita una difficoltà che sembra insuperabile. Bisogna, a mio avviso, educarsi alla resilienza per poi riuscire ad educare gli altri.

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Messaggio  mody d'ambra Lun Dic 01, 2008 3:27 pm

Con resilienza, un termine della metallurgia ormai adottato a pieno titolo dalla ricerca medico-psicologica, ci riferiamo alle capacità del soggetto di resistere alle difficoltà, ai traumi e, in senso lato, alle situazioni sfavorevoli e pericolose.
Nel tempo sono state formulate diverse definizioni tra le quali:
Rutter (1985): la definisce una capacità personale di elaborare strategie dinamiche in accordo con obiettivi propri, dimostrando una valida autostima, autofiducia, efficacia ed abilità per evitare situazioni sociali sfavorevoli;
Zimmermene Arunkumar (1994): la resilienza si relaziona con fattori e processi che interrompono lo sviluppo di un rischio, portando ad un
adattamento valido di fronte alle avversità;
Liem e Coll. (1997) affermano che si tratta di una capacità di prevalere, crescere e rinforzarsi anche in presenza di difficoltà e di situazioni sfavorevoli;
Grotberg (1996): capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato;
Pinto Junior (2001) la definisce come un insieme di fenomeni dinamici e relativi, posseduti dalle persone resilienti in ogni momento della loro vita;
Koller (2001) puntualizza che la capacità chiamata resilienza dipende dalle caratteristiche personali, individuali ed ambientali che possono variare nel trascorrere degli anni.
Da queste e da molte altre definizioni, sembrerebbe che parlare di resilienza dovrebbe riferirsi a specifiche capacità o caratteristiche personali che variano durante il trascorrere della vita.
Una ricerca fatta dalla SESI insieme alla Bernard van Leer Foundation (1999) con il fine di trovare i metodi migliori per accrescere la resilienza nei bambini ha evidenziato:
-situazioni di rischio dovute ad un ambiente avverso: ci sono componenti biologiche, psicologiche e sociali che formano un insieme propizio per il disequilibrio che porta un bambino a rischio di violenza:
-privazione materna;
-morte del padre o della madre;
-divorzio dei genitori;
-nuovo matrimonio dei genitori;
-disturbi psichiatrici del padre o della madre (del patrigno e della matrigna)
-tossicodipendenza;
-ambiente familiare aggressivo;
-violenza e maltrattamenti;
-privazione di cure prenatali:
-mancanza di lavoro per i genitori;
-povertà cronica della famiglia;
-abitazione precaria;
-mancanza di alimentazione adeguata;
-frequente cambio di residenza;
-caratteristiche del soggetto in situazione di rischio:
-difficoltà nello stabilire vincoli affettivi;
-insicurezza;
-bassa autostima;
-difficoltà nella socializzazione;
-difficoltà nell’elaborazione del problem solving;
-disturbi psichici di vario ordine e natura;
-basso livello di comprensione e di apprendimento.
Sono state indagate anche le modalità che possono favorire l’organizzazione della resilienza. Così Werner (1981); Luther e Zigler (1999) e Pinto Junior (2001) hanno sottolineato:
-capacità temperamentale e caratteriali del bambino;
-auto-stima;
-creatività;
-umorismo;
-empatia;
-abilità intellettuali;
-interessi multipli;
-controllo dell’emotività;
-capacità di individuazione e di risoluzione dei problemi;
-facilità alla socializzazione;
-capacità di affrontare le situazioni;
-disponibilità ad accettare aiuto extrafamiliare;
-relazione valida con altre persone (modello referenziale);
-relazione di amicizia e di fiducia con compagni, professori o parenti;
-reti di supporto istituzionale (servizi sociali; associazioni; scuola);
La ricerca della SESI (1999) ha evidenziato la necessità di stimolare l’incremento
della resilienza attraverso:
-rafforzamento dei vincoli affettivi;
-coesione familiare;
-attenzione alle necessità dei bambini e dei giovani;
-protezione per i minori;
-comunicazione ampia ed adeguata con i bambini;
-affetto ed espressività;
-coesione e comprensione dei genitori.

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty LA RESILIENZA:un nuovo approccio al mondo dell'emarginazione

Messaggio  rosaianniello Lun Dic 01, 2008 4:58 pm

In un testo di pedagogia speciale leggo che la resilienza e' il fenomeno manifestato da quei giovani che si comportano nella norma,nonostante abbiano subito a livello familiare e-o sociale traumi che comportano,nell'immaginario collettivo,situazioni a forte rischio di una cattiva fine.La resilienza e' dunque,la capacita' di una persona di affrontare le quotidiane difficolta' della vita,
di fronteggiare lo stress emotivo e le avversita' ed e' in base ad essa che ragazzi dai percorsi a forte rischio psico-sociale non diventano delinquenti, ma onesti operai,commercianti o impiegati,trovando una collocazione positiva nella societa'.La strategia di costruzione e rafforzamento della resilienza modifica le prospettive seguite nella gestione del disagio e dell'emarginazione,vanno cioe' individuati gli elementi positivi per rafforzare le capacita' di resistenza e per dare una svolta alla vita dei ragazzi svantaggiati.
La resilienza non e' il ritrovato contro l'emarginazione,essa si configura come un utile criterio di lavoro per i servizi che operano sul territorio,nella misura in cui siano in grado di individuare nella persona del minore,nella famiglia,nel gruppo,nel quartiere le risorse di difesa e di costruzione.

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty LA STORIA DI MARIA

Messaggio  rumolo stefania Mar Dic 02, 2008 12:05 pm

Collegandomi a Fiorenza che parla di "vantaggi sociali" circa il guadagno che la famiglia con disabilità apporta alla società in cui vive, voglio raccontare brevemente la storia di Maria. Maria è un insegnante di sostegno che io e Fiorenza abbiamo conosciuto durante l'attività di tirocinio, lei è una persona speciale in quanto non vedente, e se la resilienza viene vista come la capacità dell'uomo di affrontare e superare le avversità della vita, vi posso assicurare che Maria ne è l'esempio più significativo. Maria, normodotata ,è non vedente per un problema che si è verificato poco dopo la nascita, ma ciò non le ha impedito di studiare con profitto e persino laurearsi in Pedagogia proprio nella nostra facoltà nel 1997. Molte insegnanti della scuola fanno capo a lei per qualsiasi problema possano incontrare con i bambini non vedenti (in quella scuola ce ne sono vari) e lei è sempre disponibile ,chi meglio di lei può spiegarci come si può insegnare ad un disabile vivendo in prima persona la situazione. Maria all’interno della scuola si muove da sola e da piccola, nell’istituto dove studiava, in palestra, andava persino sui pattini e sulla bicicletta; è fondamentale per lei il linguaggio Braille ma è bravissima ad adoperare il computer con la sintesi vocale. Secondo me Maria è l’esempio più significativo di persona resiliente che, nonostante la sua situazione di disabile, è riuscita a fronteggiare efficacemente le contrarietà della vita e perfino a raggiungere mete importanti dando un grande contributo alla società.
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Messaggio  maria fulco Mar Dic 02, 2008 5:46 pm

La resilienza sta ad indicare la capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne ancora più forte.. Quindi è più della semplice capacità di resistere alla distruzione, ma è anche la possibilità di reagire positivamente a scapito delle difficoltà. Non è solo sopravvivere a tutti i costi ma è avere la capacità di usare l'esperienza nata da situazioni difficili per costruire il futuro.

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty la capacità di rialzarsi e lottare

Messaggio  Roberta Romano Ven Dic 05, 2008 7:38 pm

La resilienza é piú la capacitá di fronteggiare le avversità di resistere ad ogni tentativo di distruzione in modo da cercare di proteggere il proprio io da quelle circostanze difficili che spesso ci tubano, mettendo in bilico il "difficile equilibrio". Resilienza è la possibilitá di reagire positivamente a scapito delle difficoltá, è la voglia di costruire utilizzando la forza interiore insita nell'essere umano. Non é solo sopravvivere a tutti i costi, ma é avere la capacitá di usare l´ esperienza nata da situazioni difficili per costruire il futuro....

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Re: parliamo di resilienza

Messaggio  Roberta Romano Ven Dic 05, 2008 7:40 pm

volevo aggiungere al precedente messaggio questo pensiero di Galeano che mi ha colpito molto e che mi ha fatto riflettere!!!


Ogni persona brilla con luce propria fra tutte le altre. Non ci sono due fuochi uguali, ci sono fuochi grandi, fuochi piccoli e fuochi di ogni colore. Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento, e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l´ aria di scintille. Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si puó guardarli senza esserne colpiti, e chi si avvicina si accende”.



Eduardo Galeano

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty una poesia... sulla forza di lottare

Messaggio  Roberta Romano Ven Dic 05, 2008 7:48 pm

La canzone dell'uccello


Chi si aggrappa al nido,
non sa che cos'è il mondo,
non sa tutto quello che gli uccelli sanno
e non sa perchè voglio cantare
il creato e la sua bellezza.
Quando all'alba il raggio del sole
illumina la terra e l'erba scintilla di perle dorate,
quando l'aurora scompare
e i merli fischiano tra le siepi, allca capisco come è bello vivere.
Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alla bellezza
quando cammini nella natura per intrecciare ghirlande con i tuoi ricordi:
anche se le lacrime ti cadono lungo la strada,
vedrai che è bello vivere.

(Poesia scritta da un bambinio nel ghetto di Terenzin)

Roberta Romano

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty sulla resilienza

Messaggio  Maria Ven Dic 05, 2008 10:28 pm

bella questa poesia roberta, davvero molto bella Very Happy ....io penso a tal proposito che la resilienza nasca anche dalle difficoltà che le persone incontrano sul loro cammino e dalla loro capacità di saperle fronteggiare, per cui la possibilità di trasformare un evento doloroso in un processo di apprendimento e di crescita incontra, senz'altro, il tema della resilienza.
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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Resilenza

Messaggio  Rosaria Kaiser Dom Dic 14, 2008 6:54 pm

parliamo di resilienza - Pagina 2 Pixel
Se questo è un uomo di Primo Levi, ha rivelato al mondo intero l’infinito orrore dell’Olocausto ma anche la forza d’animo di quanti hanno cercato di resistere. L’opera di Levi è imperniata fondamentalmente su questi due aspetti. Se ancora si discute sul primo - una delle maggiori resistenze all’accettazione e alla diffusione dei libri di Levi in Israele riguarda la personale concezione che egli aveva dell’Olocausto come una estensione del “normale” comportamento umano e non “un altro pianeta” - non c’è dubbio che lo scrittore abbia dato, consapevolmente, un impulso straordinario alle ricerche sul fenomeno della “resilienza”, ovvero sulla capacità di far fronte alle situazioni avverse. nel 1958 Levi scrisse:
“La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente, e meriterebbe uno studio più approfondito”. Levi per primo provò a cercare delle risposte, individuando un elemento chiave nell’aver fede in qualcosa, qualunque cosa sia ciò in cui si ha fede.Qualcosa che non si può capire costituisce un vuoto doloroso, una puntura, uno stimolo permanente che chiede di essere soddisfatto” si legge nella prefazione alla versione tedesca di Se questo è un uomo. L’attitudine alla resilienza richiede fondamentalmente la capacità di dare un senso a ciò che è accaduto, la gestione delle emozioni, la cura di sé e il mantenimento di un livello sufficiente di autostima, anche in condizioni oggettivamente degradanti. Essenziali sono le capacità di introspezione ma anche di astrazione, di immaginazione, la creazione di uno spazio mentale che funga da riserva psichica, la speranza, l’umorismo, i legami significativi, l’iniziativa, le competenze comunicative, il senso di appartenenza ad una comunità, ad un sistema di valori, una fede religiosa. Arrow

Rosaria Kaiser

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Disabilità,trauma familiare e resilienza

Messaggio  angela rivieccio Mar Dic 16, 2008 12:49 pm

Il peso della normalità per fratelli e sorelle delle persone disabili. ANDREA DONDI

Ho ritenuto opportuno riportare le argomentazioni di questo autore perchè le trovo davvero interessanti.

La situazione evolutiva dei fratelli e sorelle (sibling) dei bambini disabili, pur non essendo fisiologicamente critica, richiede una attenzione preventiva al fine di scongiurare possibili conseguenze negative di stampo psicologico-relazionale. Infatti se è vero che con un adeguato supporto i fratelli sviluppano una buona capacità di resilienza, altrettanto significativi risultano alcuni fattori di rischio che possono determinare un esito traumatico. Uno di questi fattori viene situato in una condizione particolare dei genitori che viene definita "lutto senza fine". L'autore esamina come le conseguenze di questo lutto possono incidere sulle strategie di sopravvivenza di fratelli e sorelle dei bambini disabili e come poterli aiutare a far fronte a queste difficoltà.Uno sguardo a tutta la famiglia: disabilità e contesto familiare.

Quando i miei 7 figli erano molto piccoli, facevo un gioco con loro. Davo loro in mano un bastoncino, uno a ciascuno, e chiedevo loro di spezzarlo. Non era certo un'impresa difficile. Poi, dicevo di legarli in un mazzetto e di cercare di romperlo, ma non ci riuscivano. Allora io gli dicevo: vedete quel mazzetto? Quella è la famiglia.
(Dal film Una Storia Vera di David Linch, 1999)

Da tempo, soprattutto in ambito anglosassone, l'approccio alla persona disabile, inteso in termini riabilitativi e assistenziali, si sta modificando in favore di una visione più globale, che ritiene che tali questioni debbano avere come interlocutori tutti i membri della famiglia in cui la persona disabile vive. A partire dagli studi di Farber (cit. in Zanobini M., Manetti M., Usai, 2002) alla fine degli anni cinquanta, si è sviluppato un filone di interesse scientifico per lo studio della famiglia del disabile che è proseguito parallelamente alla de-istituzionalizzazione degli interventi assistenziali rivolti al disabile stesso; la famiglia è gradualmente tornata protagonista della gestione del minore disabile e da parte della comunità scientifica è cresciuto l'interesse per una valutazione dell'impatto della disabilità sul sistema familiare.
Come spesso accade, questo cambiamento ha anche una matrice culturale, che in ambito psicologico risiede nel ritenere lo sviluppo dell'individuo come strettamente dipendente dal contesto affettivo di appartenenza. Alcune teorie psicologiche a partire dagli anni sessanta hanno sottolineato la funzione fondamentale della relazione madre bambino nel favorire lo sviluppo sano del neonato. La teoria dell'attaccamento (Bowlby, 1969) ha fornito ampi argomenti a sostegno dell'importanza della qualità delle relazioni primarie nello sviluppo psicologico degli individui, sottolineando la precocità con cui alcuni assetti psicologici si formano a partire dallo stile relazionale delle figure di accudimento. Non meno importante è stato il contributo della teoria sistemica che ha introdotto, parlando di "paziente designato", il concetto di interdipendenza del sintomo, che rappresenta, incarnato nel singolo, il disagio della famiglia nella sua globalità (Bertrando, Toffanetti, 2000).
La famiglia quindi, costituisce l'humus psicologico, il fertilizzante dell'identità, ciò che concorre alla varianza caratteriale, oppure alle possibili derive patologiche. Come vedremo più avanti, la stessa dialettica trauma-resilienza, cioè il fatto che le persone reagiscono ad un medesimo evento traumatico in modi molto diversi, trova origine negli stili di attaccamento di ognuno.
Nel caso delle persone disabili dalla nascita, ci troviamo di fronte ad una situazione particolare: la condizione di sofferenza non emerge in tempi dilatati, non ha momenti di gestazione o di latenza. La disabilità prorompe, improvvisa e spesso inaspettata, un evento traumatico che segna un'esistenza e ne condiziona inevitabilmente altre. Le difficoltà, la sofferenza non vengono rimandate all'adolescenza o all'età adulta, momenti in cui può esplodere il frutto di un'accudimento "insufficientemente buono", ma sono lì da vedere, anzi da percepire, fin da subito, fino dalla consegna della diagnosi.
Molto sforzo è stato fatto per leggere l'intervento riabilitativo rivolto al minore disabile in funzione anche dell'equilibrio di energie psicologiche del contesto familiare in cui è inserito. In questa visione tutti i componenti della famiglia, genitori, fratelli, e nel caso la famiglia allargata, diventano co-protagonisti di scelte, decisioni, valutazioni che riguardano il bambino disabile e che di conseguenza, riguardano tutti i membri della famiglia.
Personalmente credo che il fatto di occuparsi della famiglia nel suo complesso costituisca la migliore possibilità di assistere il nuovo nato e di permettergli di crescere in un contesto familiare supportivo, e contemporaneamente sia la migliore possibilità di ridurre il rischio per gli altri componenti della famiglia, in particolare i genitori ed i fratelli o sorelle, di sviluppare stress cronico o difficoltà emotive anche gravi.
Questa visione è in aperta antitesi al concetto di "famiglia disabile", patologica per definizione o bisognosa per forza, che ha mosso per molto tempo le strategie di intervento a favore dei disabili da parte di molti servizi e operatori, un atteggiamento che ha significato a mio avviso una aperta svalutazione del patrimonio di esperienza e di risorse che la famiglia porta con sé. Nella Family Centered Care (FCC Cura Centrata sulla Famiglia) la presa in carico di tutti i membri della famiglia ha una valenza innanzitutto preventiva, volta a monitorare nel tempo il bilanciamento tra le risorse disponibili e le difficoltà che possono intervenire.
Lo sforzo maggiore in questa direzione è stato compiuto in alcuni paesi anglosassoni (vedi Rosembaum e altri, 1998), nei quali si è cercato di applicare il principio della Family Centered Care ai servizi che si occupano dei minori disabili, nel qual caso si parla di Family Centered Service (FCS Servizio Centrato sulla Famiglia,).
Gli FCS seguono un insieme di valori, attitudini ed approcci che riguardano i servizi che si occupano dei bambini disabili e delle loro famiglie. I capisaldi degli FCS sono ad esempio:

- il riconoscimento che ogni famiglia è unica;
- il fatto che la famiglia è una costante nella vita del bambino (disabile);
- il fatto che i membri della famiglia sono i veri esperti delle risorse e delle difficoltà del bambino (disabile);
- lo spirito che anima gli FCS favorisce la collaborazione tra la famiglia ed il servizio stesso nella individuazione delle migliori strategie di assistenza per il bambino;
- negli FCS sono tenute in considerazione le risorse e i punti deboli di tutti i membri della famiglia.
agela rivieccio
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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty la resilienza

Messaggio  tesone andreana Mar Dic 16, 2008 12:52 pm

Il concetto di resilienza (resiliency) è nato e si è sviluppato negli Stati Uniti e racchiude le idee di elasticità, vitalità, energia e buon umore.
Si tratta di un processo, un insieme di fenomeni armoniosi grazie ai quali il soggetto si introduce in un contesto, affettivo, sociale e culturale.
La resilienza non si acquisisce una volta per tutte, ma rappresenta un cammino da percorrere: l’esistenza è costellata da prove, ma la resilienza e l’elaborazione dei conflitti consentono, nonostante tutto, di continuare il proprio percorso di vita.
Le risorse interne acquisiste fino al momento del trauma permettono di reagire ad esso: in modo particolare, risultano determinanti il possesso di un attaccamento sicuro ad una figura di riferimento, non sempre né necessariamente la madre, ed i comportamenti seduttivi, che consentono di essere benvoluti e in grado di riconoscere ed accettare gli aiuti che vengono offerti dall’esterno. Colui che non è riuscito a raggiungere tali acquisizioni fino a quel momento, potrà conseguirli successivamente, pur con maggiore lentezza, a condizione che l’ambiente circostante disponga intorno a lui qualche tutore di resilienza.
La resilienza non è una qualità dell’individuo, ma un divenire, che inserisce lo sviluppo della persona in un contesto e imprime la sua storia in una cultura. Sono, dunque, l’evoluzione e la storicizzazione della persona ad essere resilienti, più che il soggetto in sé.

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parliamo di resilienza - Pagina 2 Empty Re: parliamo di resilienza

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