Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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SESSUALITA' E DISABILITA'

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LA POSSIBILITA' DI VIVERE LA SESSUALITA' PER UN SOGGETTO "CONDIZIONE DI HANDICAP" E' AUSPICABILE SE :

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Messaggio  Antonella Rivellino Mer Nov 26, 2008 7:54 pm

IL LINGUAGGIO DELLA SESSUALITA'

Uno dei linguaggi con i quali esprimiamo ( in qualche caso in maniera più spontanea e spesso involontaria) noi stessi è quello del corpo,
di quello vissuto e di quello percepito.
All’interno di questo universo di codici non verbali,possono essere attivate e sperimentate vaste gamma di relazioni sociali,non sempre adeguatamente ricambiate.

Stiamo cominciando ad esplorare il campo della corporeità dei soggetti in condizione di handicap e questo può rimandarci ad un argomento ancora poco affrontato dalla letteratura e dalla pedagogia cosiddetta speciale, (la sessualità in presenza di handicap)ma che deve entrare a far parte delle nostre competenze di base per svolgere al meglio il nostro compito.

Oltre che per motivazioni etiche (nell’ambito di un’analisi complessa e completa del soggetto a cui ci si riferisce) anche per motivi professionali;potrebbe capitarci di lavorare con bambini che manifestano una profonda e disinibita pulsione “sessuale” ( ad esempio –anche se non è corretta la generalizzazione- i soggetti con sindrome di Down manifestano spesso un’affettività corporea che,a causa della ridotta capacità inibitoria di un impulso che viene percepito come naturale ed impellente,potrebbe creare qualche imbarazzo nella vita di classe.)

In questi casi è importante sapere come affrontare l’argomento,saper adattare il proprio comportamento alle esigenze della situazione specifica senza che questo rappresenti una turbativa nel nostro lavoro con il bambino.

E’ importante riconoscere che,in alcune situazioni di disabilità mentale,lo sviluppo del comportamento affettivo/sessuale adeguato può essere carente:può prevalere la componente biologica o emozionale rispetto a quella cognitivo/sociale ed un intervento inadeguato dell’educatore,dell’insegnante,del gruppo dei pari…potrebbe acuire il problema del bambino generando un disagio sociale in senso lato.

Ma non esiste solo la disabilità mentale,esistono deficit fisico/motori (come la tetraparesi spastica ad esempio),che pure,in assenza di deficit cognitivo/affettivo,sembrano precludere,nella nostra società attuale,la possibilità di vivere serenamente questo importante aspetto della vita della persona.

E’ qui che “si crea l’handicap”,che lo svantaggio può essere percepito in tutta la sua drammaticità,perché gli aspetti relativi alla sessualità del soggetto in questione non si differenziano assolutamente da quelli che caratterizzano la sessualità normalmente percepita da ognuno di noi,.
Così pure non diverse sono le aspettative affettive del soggetto ( benché spesso minate in partenza da una anomala cultura “normo-centrica” che non le riconosce adeguatamente).

[b]


Ultima modifica di Antonella Rivellino il Sab Dic 13, 2008 1:07 am - modificato 1 volta.
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Messaggio  TaniaG Mer Nov 26, 2008 8:07 pm

Antonella Rivellino ha scritto:IL LINGUAGGIO DELLA SESSUALITA'

Uno dei linguaggi con i quali esprimiamo ( in qualche caso in maniera più spontanea e spesso involontaria) noi stessi è quello del corpo,
di quello vissuto e di quello percepito.
All’interno di questo universo di codici non verbali,possono essere attivate e sperimentate vaste gamma di relazioni sociali,non sempre adeguatamente ricambiate.

Stiamo cominciando ad esplorare il campo della corporeità dei soggetti in condizione di handicap e questo può rimandarci ad un argomento ancora poco affrontato dalla letteratura e dalla pedagogia cosiddetta speciale, (la sessualità in presenza di handicap)ma che deve entrare a far parte delle nostre competenze di base per svolgere al meglio il nostro compito.

Oltre che per motivazioni etiche (nell’ambito di un’analisi complessa e completa del soggetto a cui ci si riferisce) anche per motivi professionali;potrebbe capitarci di lavorare con bambini che manifestano una profonda e disinibita pulsione “sessuale” ( ad esempio –anche se non è corretta la generalizzazione- i soggetti con sindrome di Down manifestano spesso un’affettività corporea che,a causa della ridotta capacità inibitoria di un impulso che viene percepito come naturale ed impellente,potrebbe creare qualche imbarazzo nella vita di classe.)

In questi casi è importante sapere come affrontare l’argomento,saper adattare il proprio comportamento alle esigenze della situazione specifica senza che questo rappresenti una turbativa nel nostro lavoro con il bambino.

E’ importante riconoscere che,in alcune situazioni di disabilità mentale,lo sviluppo del comportamento affettivo/sessuale adeguato può essere carente:può prevalere la componente biologica o emozionale rispetto a quella cognitivo/sociale ed un intervento inadeguato dell’educatore,dell’insegnante,del gruppo dei pari…potrebbe acuire il problema del bambino generando un disagio sociale in senso lato
[b]

Avevi fatto un accenno nel post di angela e mi fa piacere che tu abbia messo in luce questo aspetto delicato della diversabilità!
Spesso è un aspetto che prendiamo "sottogamba" o che ignoriamo proprio, perchè crediamo che possa essere per loro marginale, vero invece che i disabili hanno pulsioni sessuali come tutti e anzi credo che abbiano una sensibilità molto più spiccata e spesso diventa difficile dare una risposta negativa rispetto un loro approccio.
Grazie per aver dato la possibilità (spero!) a tutti di poter approfondire questo lato della deversabilità.
baci
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SESSUALITA' E DISABILITA' Empty un'ulteriore spunto di analisi

Messaggio  Antonella Rivellino Mer Nov 26, 2008 8:21 pm

L'argomento mi interessa molto anche perchè credo che un'insegnante condivida con la famiglia una doppia responsabilità:
oltre all' "educazione" alla propria affettività è necessario molto spesso tramettere (passatemi il termine anche se sgardevole!)informazioni corrette di allarme ai bambini;potrebbero esserci casi di abuso (come sottolineava Angela nel suo post) per casi di soggetti non in gradi di distinguere la "buona" dalla "cattiva" sessualità.
A questo riguardo,trovo che sia importante che un'insegnante mostri al bambino (magari con disegni,foto o una sorta di cartellonistica )le situazioni da evitare,senza traumatizzarlo o indurre una curiosità morbosa sul tema.Potrebbero ad esempio riguardare situazioni con estranei (purtroppo anche parenti!) nei mezzi pubblici,nei parchi etc... non giustificabili.
E' educazione alla corporeità,alla socialità ma anche alla prevenzione,che dal mio punto di vista non può essere esclusa dai "curricoli" che proponiamo ai bambini.
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Messaggio  TaniaG Mer Nov 26, 2008 8:40 pm

Antonella Rivellino ha scritto:L'argomento mi interessa molto anche perchè credo che un'insegnante condivida con la famiglia una doppia responsabilità:
oltre all' "educazione" alla propria affettività è necessario molto spesso tramettere (passatemi il termine anche se sgardevole!)informazioni corrette di allarme ai bambini;potrebbero esserci casi di abuso (come sottolineava Angela nel suo post) per casi di soggetti non in gradi di distinguere la "buona" dalla "cattiva" sessualità.
A questo riguardo,trovo che sia importante che un'insegnante mostri al bambino (magari con disegni,foto o una sorta di cartellonistica )le situazioni da evitare,senza traumatizzarlo o indurre una curiosità morbosa sul tema.Potrebbero ad esempio riguardare situazioni con estranei (purtroppo anche parenti!) nei mezzi pubblici,nei parchi etc... non giustificabili.
E' educazione alla corporeità,alla socialità ma anche alla prevenzione,che dal mio punto di vista non può essere esclusa dai "curricoli" che proponiamo ai bambini.

E' giustissimo quello che dici. Ecco cosa vuol dire per me preparazione e competenza di un insegnante!
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SESSUALITA' E DISABILITA' Empty sessualità e disabilità.

Messaggio  Rossella Accardo Gio Nov 27, 2008 4:24 pm

La relazione con le proprie pulsioni sessuali ed i livelli di comunicazione attraverso quasta sfera rappresentano per tutti un confronto con l'altro.Tale esperienza tocca l'ambito degli affetti e dei sentimenti,quello del piacere e della frustrazione.
le persone con disabilità vivono in maniera problematica questa dimensione per una serie di ragioni oggettive e di percezioni soggettive che le limitazioni funzionali innescano. Tale problematicità investe il processo di accettazione del sè,che condiziona la capacità del soggetto di percepirsi e di riconoscersi in un corpo che attrae. "sindrome di Peter Pan" cucita addosso alle persone con disabilità. non si attribuiscono alle persone con disabilità potenzialità sessuali,quasi dovessero vivere in un limbo senza pulsioni,quasi fossero sempre eterni bambini vittime di moralismi colpevolizzanti.
Ma è giusto tutto questo Question Io credo che anche le persone con disabilità devono vivere le loro relazioni affettive ed essere capaci di confrontarsi con sè stessi e con gli altri.
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Messaggio  mody d'ambra Gio Nov 27, 2008 5:41 pm

In un articolo uscito il 6 novembre 2008 sul sesso e la disabilità c'è scritto:"Il sesso e i diversabili, un vero tabù, guai ad affiancare le due cose, guai a parlarne liberamente, fortunatamente in questi ultimi anni, qualcosa sta cambiando, se ne parla un po’ di più, pare come se un diversabile uomo o donna, non avessero diritto ad una sana e tranquilla sessualità, se ne discute sempre con un enorme senso del pudore.
Ricordo, nel 1973 uscì un film commedia “Niente sesso siamo Inglesi”, siamo nel 2008, ci mancherebbe solo che ne proponessero uno “Niente sesso siamo disabili”.
In paesi come l’Olanda e la Danimarca, la cosa è totalmente diversa, pensate che esistono professioniste/i a secondo della tendenza, che dietro compenso, esaudiscono le richieste sessuali dei diversamente abili.
Pensate che in Olanda sono proprio le suore che aiutano i diversabili a trovare le Prostitute In Italia una cosa del genere farebbe rizzare i capelli al Papa e a tutto il Vaticano, noi in Italia preferiamo far soffrire in silenzio una persona, pur di non eccedere, pura ipocrisia!
Sono in tanti a vedere il diversabile asessuato, io mi chiedo il perchè! siamo esseri umani come tutti, e come tutti anche a noi piacciono determinate cose!
Disabilità, diversabilità, diversamente abili,tutta una minestra, se ne parla solo affiancandolo alla sofferenza, mai e poi mai alla libido, questa è una realtà molto triste, purtroppo in Italia quello che conta è solo l’apparenza!"

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Messaggio  Maria Grazia Di Paola Gio Nov 27, 2008 6:34 pm

Parlando di sesso e disabilità è interessante ciò che emerge dalla discussione e per questo mi sembra utile segnalare l'articolo dal titolo provocatorio

Niente sesso: siamo disabili



Già, il sesso a scuola non esiste, o meglio non deve esistere. Deve rimanere un fatto privato, nascosto, qualcosa di cui è meglio non parlare. Purtroppo spesso la persona disabile - soprattutto quella mentale - ci costringe a farci vedere con i suoi occhi candidi che non solo il re ha delle nudità, ma anche la regina. Re e regina mostrano i genitali, si masturbano, tentano di fare sesso davanti a tutti.
Ma, aggiungiamo noi, esiste anche qui una differenza tra maschio e femmina: se è una ragazza a masturbarsi, la cosa è meno accettabile. Se però l'alunno o l'alunna disabile è tanto grave da vivere quasi esclusivamente sdraiato/a per terra o nel letto e pochi hanno il coraggio o l'opportunità di avvicinarlo, allora la masturbazione e tutto ciò che è autoerotismo devono essere permessi, se non incoraggiati.

Ma esiste un diritto al sesso per i disabili?

Credo sia importante che tu rifletta su questo brano contenuto nel libro Il vizio di vivere di Rossana Benzi, costretta a vivere in un polmone d'acciaio perché colpita da poliomielite (Rosanna Benzi, Il vizio di vivere. Vent'anni nel polmone di acciaio, Milano, Rusconi Libri, 1984):
[….] avevo 24 anni quando conobbi Mario. Il nostro amore fu un frutto che maturò in fretta e su un albero robusto […] Che fossimo sereni o cupi, fummo mescolati e di noi fu dipinto il mondo.
<<Perché non mi dai un bacio?>>, gli chiesi, <<sono sicura che andresti in crisi>>.
Non andò in crisi, imparò ad applicarmi la campana di vetro attorno al collo, a porgermi il boccaglio dell'ossigeno. Imparò ad aprire il polmone come doveva fare Germano per spostarmi da una macchina all'altra. Seppe accedere al mio corpo senza bisogno di manuali. Mi spogliò come un uomo spoglia una donna che ama. Mi s postò e condusse all'amore questo fisico che non può muoversi da solo, ma sa provare perfettamente le emozioni. Desiderai finalmente di essere portata via dalla sua forza, dalla sua voglia, di ascoltare all'orecchio il suo respiro affannato, di godere del piacere che mi procurava, di sentire il mondo, la vita, i fiori, i campi di grano, i raggi di sole, le gocce di pioggia….mischiando tutto.
Dovevo solo respirare, non perdere il boccaglio e attendere le sensazioni al varco.

Anche la seguente testimonianza è estremamente significativa:
Giovanna cammina con il bastone. Giovanna mi piace. Giovanna cammina traballando e la gente la segue con lo sguardo. Giovanna mi piace. Giovanna è spastica, le gambe rigide, gli occhi verdi, il braccio sinistro che non si stende del tutto. Quel pomeriggio sul prato ci siamo baciati, ci siamo abbracciati, era come se ci conoscessimo da tanto tempo. Non ha dovuto chiedermi: e la mia disabilità? Non ho dovuto tranquillizzarla. Non me ne importa.
Lo scoglio del problema disabilità non esiste. Non esiste per lei. Non esiste per me....
Io amo Giovanna spastica e le <<bacchette magiche>> lei me le sbatterebbe in testa, urlandomi dietro con veemenza la sua voglia di essere persona disabile, il suo voler essere quello che è, e non sognare di volare libera come un uccello nel cielo azzurro. E quando ha partorito, forse qualcuno ha scoperto che anche le persone disabili possono fare l'amore. E fare l'amore è bello….
(Iole Verde, Giuliano Govigli e Camillo Valgemigli. La sessualità dell'handicappato, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1980)

Quando si è cominciato a parlare del problema (diffusamente solo sul finire degli anni settanta), la reazione del pubblico è stata di curiosità, una curiosità non proprio scientifica, sotto certi versi anche morbosa. Del resto erano le stesse persone disabili a vergognarsene.
Ma chi riesce davvero a parlare liberamente di sesso?

Non sono certamente i fautori di una sessualità libera a tutti i costi, coloro che vogliono essere moderni e vogliono a tutti i costi <<sessualizzare>> alcune manifestazioni dei portatori di disabilità.

Bisogna ricordare con umiltà che il sesso, per quante rivoluzioni siano state fatte, rimane sempre se non un tabù, sicuramente un aspetto ancora inquietante, e che questo atteggiamento spesso non confessato è già un ostacolo alla piena realizzazione della sessualità nelle persone normali, figuriamoci nelle persone disabili. Il problema poi non può essere generalizzato: per cui, in tutta onestà, non siamo in grado di fornire ricette di comportamento adatte ad ogni occasione e a ogni disabilità: l'unico consiglio è quello di non far finta di niente e di non spegnere il televisore quando alcune scene trasmesse dovessero far emergere il problema.

Esiste una differenza anche nell'ambito del gruppo di appartenenza delle persone con la stessa disabilità, oltre a quella determinata dal tipo di disabilità.

Il problema maggiore, però, si presenta quando la disabilità è psichica, quando sono i genitori a dover interpretare i bisogni che preferirebbero nascondere: far finta di non capire cosa sta dietro a quella carezza, a quel bisogno di contatto corporeo che il figlio dimostra verso l'altro sesso; ignorare che il bisogno di coricarsi per terra, di muoversi di una figlia con grave psicosi, sono probabilmente l'unico modo che ha per soddisfare una sua pulsione naturale, spesso inconsapevole, non riconosciuta, ma sicuramente sentita.

Sappi solo essere naturale.

Sappi che, fisiologicamente, non c'è differenza tra la sessualità dei normodotati e quella degli alunni disabili mentali: vi è una uguaglianza sulla base del loro essere uomini o donne. Differenti possono essere le modalità di realizzazione della sessualità, considerando che questa realizzazione si compie non senza traumi anche nel ragazzo o nella ragazza normodotata/o.

Non manifestare commiserazione o pietismo, non mostrarti scandalizzato.

Se ti capita di vedere un ragazzo che si masturba, non attivare nessun blocco fisico: digli di andare in bagno.

E così non incoraggiare quella ragazza che ti guarda con occhi vogliosi: non è puttanella, ma una ragazza che ha bisogno di amore e, dato che non lo trova da nessuna parte, lo cerca dappertutto.

In ogni caso, quando ti capita di vedere certe manifestazioni, sappi che non sei tu che potrai risolvere il problema e perciò non fartene una colpa, ma parlane con gli insegnanti, riferisci il tuo imbarazzo, chiedi cosa occorre fare.

E questo non perché tu abbia un ruolo subordinato, ma semplicemente perché non sei - nessuno lo è, tranne il sottoscritto - un padreterno.

Naturalezza quindi. E umiltà. Ne abbiamo tutti bisogno. Anche chi scrive.

di Vito Piazza

fonte: http://habili.ilbello.com/index.php?option=com_content&task=view&id=38&Itemid=30

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Messaggio  Maria Grazia Di Paola Gio Nov 27, 2008 6:58 pm

ho riportato interamente l'articolo perchè esso affronta senza moralismi molte delle argomentazioni che ruotano intorno al tema principale della disabilità e del sesso.
C'è ancora tanto da fare per togliere il velo dei falsi pudori che ruotano intorno all'argomento sesso, già sembra tabù parlare di sesso a scuola figuriamoci di sesso e persone disabili.
Il non detto non porta all'eliminazione della questione ma provoca solo problemi per chi ogni giorno deve vivere con persone disabili: cioè i genitori che spesso non sanno a chi rivolgersi, non hanno modelli con cui rapportarsi o confrontarsi e crea problemi agli stessi disabili che si trovano ancora più ghettizzati ed emarginati.
Bisogna acquisire una nuova sensibilità partendo proprio dalla scuola per poi irradiarla verso l'esterno.

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Messaggio  Antonella Rivellino Gio Nov 27, 2008 7:01 pm

[quote="mody d'ambra"]
Ricordo, nel 1973 uscì un film commedia “Niente sesso siamo Inglesi”, siamo nel 2008, ci mancherebbe solo che ne proponessero uno “Niente sesso siamo disabili”.
In paesi come l’Olanda e la Danimarca, la cosa è totalmente diversa, pensate che esistono professioniste/i a secondo della tendenza, che dietro compenso, esaudiscono le richieste sessuali dei diversamente abili.

Brava Modestina!
Il tuo sarebbe uno slogan perfetto per una possibile manifestazione!
Comunque sono stati molto belli i contributi pubblicati,mi fa piacere che l'argomento abbia suscitato anche il vostro interesse!
Smile
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Messaggio  adriana di costanzo Ven Nov 28, 2008 1:47 am

La sessualità
è una questione che si sviluppa differentemente da persona a persona, che si intreccia con l'ambiente dove si vive e con l'educazione ricevuta.
E' un terreno minato dove si scontrano gli istinti di una persona, con la sua morale, con le sue amicizie con le esperienze di vita.
E questo intreccio di esperienze umane può segnare il proprio rapporto con il mondo.
E' un fenomeno non solo corporeo, quindi, ma anche psichico, la sessualità.
Proprio per questo è molto importante che l'educazione che viene data sappia mantenere un buon equilibrio tra corpo e psiche, tra ragione e sensazione.
Non è certo facile educare armonicamente alle sessualità, facendo in modo che tutti questi elementi interagiscano tra di loro senza forzature o strozzature.
Ed è tanto più difficile se la persona con cui si ha a che fare è un disabile psichico. Una situazione così incerta e sconosciuta che, di solito, si preferisce ignorare.

E tutto parte dalla considerazione che "non bisogna reprimere, ma neanche lasciar correre".
La sessualità è, quindi, vista come la fusione della sfera psico-sessuale con la capacità d'amare e la sua educazione come la possibilità di valorizzare tutte le componenti di un individuo.

Rimane comunque un tema interessante
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Messaggio  orefice.veronica Sab Nov 29, 2008 12:08 am

Per quanto da tanti anni si lotti nel modificare la percezione negativa che la società ha del disabile e della disabilità, c’è da dire che pregiudizi incancrenitisi nei secoli sono difficili da sradicare. La società continua ancora a identificare la disabilità con la malattia, il disabile come persona “non sana”.
L’idea di persone “malate” che si dedichino ad attività riservate ai “sani” crea fastidio e imbarazzo. La società consumistica, da parte sua, impone come immagine standardizzata i corpi di giovani atletici che si uniscono in un rapporto sessuale soddisfacente e spettacolare.
La disabilità è distante da questo immaginario. L’immagine di una persona costretta in carrozzina che ha un rapporto sessuale magari con un altro disabile è quanto di più lontano ci possa essere da tali stereotipi di perfezione e salute.

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Messaggio  colomba.persico Sab Nov 29, 2008 1:42 am

Cito veronica perchè concordo con lei : "La società continua ancora a identificare la disabilità con la malattia, il disabile come persona “non sana” " ed aggiungo che non può vivere una sessualità propria perchè "giustamente" per le loro concezioni non è "normale" è veramente una cosa su cui riflettere... beh credo che comunque Antonella abbia toccato un bell'argomento... brava...
Wink
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Messaggio  rita moscatelli Dom Nov 30, 2008 9:39 pm

A proposito della frase "Niente sesso, siamo disabili", ritengo che un modo per esorcizzare tale pregiudizio possa essere quello di fare riferimento ad una "storia di vita", tratta da Miodini-Zini, "L'educatore professionale": protagonisti di tale storia sono due giovani, Antonio (trent'anni), affetto da una emiparesi destra che lo ostacola parzialmente nella deambulazione , da una lieve forma di epilessia, nonchè da un lieve ritardo psichico; Laura (ventotto anni), affetta da sindrome di Down di grado lieve. I due ragazzi si sono conosciuti in occasione di un soggiorno estivo organizzato dal Comune di residenza in una località marina. Tra i due è nata subito una forte simpatia, che ben presto si è trasformata in un rapporto affettivo più profondo. Al termine della vacanza trascorsa insieme, Antonio e Laura hanno espresso il desiderio di fidanzarsi, richiedendo alle rispettive famiglie l'autorizzazione a proseguire la loro relazione affettiva. Le due famiglie, pur con alcune logiche perplessità , hanno consentito ai rispettivi figli di continuare a frequentarsi. Queste, già da tempo in contatto con il servizio sociale, hanno individuato nell'assistente sociale del distretto un punto di riferimento stabile per discutere quali comportamenti tenere per supportare Antonio e Laura. Contemporaneamente, anche i due ragazzi si sono avvicinati al servizio sociale, mantenendo rapporti continuativi e comunicando il desiderio di poter vivere una relazione matrimoniale come i rispettivi fratelli. I servizi sociali, in accordo con medici, psicologi, sociologi, hanno deciso di accogliere la richiesta di matrimonio presentata dai ragazzi, ponendo come condizione un tempo di sperimentazione sul funzionamento della vita di coppia in un contesto di convivenza guidato da una figura esterna ai due nuclei familiari di origine.
Per realizzare questo progetto, occorre avvalersi della competenza di un educatore che affianchi la coppia per 3/4 ore al giorno, al fine di:
a) garantire un sostegno psicologico continuativo ad Antonio e Laura e favorire l'integrazione dei loro stili di vita;
b) potenziare in entrambi, attraverso prescrizioni semplici ma precise, le capacità di gestione domestica;
c) educare al ruolo coniugale e familiare, affrontando con loro i problemi che emergono come risultato della vita in comune;
d) motivare i ragazzi a mantenere i contatti con le famiglie di origine.
Questa storia di vita ci dimostra che la disabilità non è sempre un ostacolo alla realizzazione della vita affettiva e sessuale del diversamente abile: infatti, con l'opportuno sostegno psicologico, medico, familiare è possibile riconoscere spazi sempre più ampi di autonomia alle coppie che, nonostante le problematiche collegate al loro stato, conservano comunque il diritto di vivere la loro esistenza nel migliore dei modi.
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Messaggio  simona.asciolla Dom Nov 30, 2008 10:47 pm

Bè purtroppo i pregiudizi sono sempre esistiti...e a quanto pare sono difficili da combattere, sembra di essere in un circolo vizioso!!!
M c' è anche da dire che dei primi passi nei confronti della disabilità in genere sono stati fatti... Io penso che oggi rispetto al passato ci sia stata una grande sensibilizzazione nei loro riguardi, ovviamente non si può avere tutto insieme. C' è un proverbio che dice chi va pianno va sano e va lontano...quindi tempo a tempo, che prima o poi ci saranno tanti passi in avanti e questi passi in avanti li incrementeremo anche noi futuri insegnanti Cool


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SESSUALITA' E DISABILITA' Empty contraddizioni umane

Messaggio  mariarosaria tarallo Dom Nov 30, 2008 11:13 pm

i pregiudizi esistono e sembrano molto difficili da superare, proprio da estirpare dalle nostre culture.
Tutte le forze positive della società dovrebbero essere unite per questo, eppure, pensate che, ad esempio, la Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità non reca la firma dello Stato del Vaticano, il quale non ha condiviso proprio l'articolo che riconosce, tra l'altro, le persone con disabilità come soggetti attivi, consapevoli, della propria vita sessuale e riproduttiva. Ufficialmente è stato detto che quell'articolo può lasciar intendere un' apertura all'interruzione della gravidanza... Se poi pensiamo che tempo fa è stato negata la celebrazione in chiesa del matrimonio ad una coppia, perchè uno dei due componenti ha una riportato una lesione al midollo spinale con una semi paralisi, cosa che è stata ritenuta come probabile causa di "l’impotenza copulativa"della coppia..bhè...allora cominciamo a renderci conto che non è questione solo di interruzione della gravidanza. Come se il fine del matrimonio fosse davvero solo la procreazione, senza tenere in alcun conto il valore affettivo di un rapporto a due, il percorso di una coppia. Retaggi ben radicati, oserei dire fossilizzati, nella nostra società, a tutti i livelli, anche in quelle componenti che poi, grazie alle iniziative di tanti volontari e anche sacerdoti e religiose, lavorano al servizio dell'integrazione. Contraddizioni umane, contraddizioni, comunque naturali, nei vari gruppi di uomini. Siamo esseri umani.
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Messaggio  rita moscatelli Mer Dic 03, 2008 9:30 pm

Voglio ricordare che il tema della sessualità e della disabilità è stato affrontato anche da Giovanni Paolo II, che al Convegno sulla disabilità mentale svoltosi in Vaticano nel gennaio 2004, ha affermato che "la persona disabile ha bisogno di amare e di essere amata, di tenerezza, di vicinanza, di intimità". Il papa, in quell'occasione, ha invocato "particolare attenzione per la cura delle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata."
Una società che desse spazio solo ai "sani" , ai perfettamente autonomi e funzionali, non sarebbe infatti una società degna dell'uomo.
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Messaggio  Anto Cia Gio Dic 04, 2008 12:02 pm

Credo che dovremmo partire dalla considerazione che il disabile ha un bisogno di affetto per lo meno pari a quello di chiunque altro. Anch’esso ha bisogno "di amare e di essere amato, ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di intimità". La realtà, purtroppo, è che la persona con handicap si trova a vivere queste legittime e naturali esigenze in una situazione di svantaggio, che diventa sempre più evidente col passaggio dall’età infantile a quella adulta. Il disabile, pur leso nella sua mente e nelle sue dimensioni interpersonali, ricerca relazioni autentiche nelle quali poter essere apprezzato e riconosciuto come persona.
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Messaggio  rita moscatelli Gio Dic 04, 2008 9:04 pm

Vorrei segnalare che da circa 20 anni il "Centro di documentazione handicap" di Bologna svolge attività di formazione e consulenza sul tema della sessualità e della disabilità.
In particolare il Centro cura la formazione degli educatori, che accompagneranno il disabile nel suo cammino verso una sessualità consapevole e matura.
L' attività degli educatori si basa sulla considerazione che la sessualità è legata a due dimensioni fortemente intrecciate, una che rimanda alla relazione, al desiderio di incontro, di scambio; l'altra che coinvolge la corporeità, la ricerca del piacere, il contatto fisico.
Quindi gli educatori devono saper coltivare entrambi questi aspetti.
In particolare, per facilitare il percorso del disabile nell'ambito di una consapevolezza corporea e sessuale, l'educatore può, ad esempio, favorire l'autonomia rispetto alla cura di sè, del proprio corpo, dei rapporti con gli altri (vestirsi, tenersi puliti, scegliere i propri abiti, conoscere nomi e funzioni di alcune parti del corpo).
Ma ciò che anche l'educatore deve capire è che il disabile deve avere le stesse opportunità di chiunque altro, non deve essere considerato un essere asessuato e, come è scritto nella "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" dell'ONU, è uguale a tutti gli altri uomini, in dignità e diritti.
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Messaggio  caterina lupoli Ven Dic 05, 2008 10:08 am

Antonella hai inserito una riflessione attualissima e delicatissima su un argomento che anche io reputo "centrale" nella vita quotidiana del disabile, brava! A volte è utilissimo parlare di argomenti che già nella normalità sono considerati tabù, figuriamoci nella disabilità.Propporrei di parlarne tutti di più; affrontiamo l'argomento in aula, portiamolo anche in altri contesti in cui ognuno di noi può introdurlo come una necessità primaria del disabile, forse le nostre parole illumineranno le menti di coloro che, avendone il potere e le competenze, possono affrontarlo e contestualizzarlo maggiormente. Caterina Lupoli

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Messaggio  Antonella Lucibello Sab Dic 06, 2008 5:37 pm

Penso anch’io che questa sia una tematica alquanto complessa e ancora poco affrontata. La disabilità è come un enorme mare, all'interno del quale esistono tutta una serie di variabili, di casi specifi e gradi. Una prima distinzione che va fatta è sicuramente tra disabilità fisica e disabilità mentale perché queste due diverse tipologie comportano problematiche del tutto diverse rispetto alla sessualità. Nel caso del disabile fisico siamo di fronte ad una "impossibilità o incapacità di fare", mentre nel caso del disabile mentale si tratta di una "incapacità nel capire cosa si sta facendo". Dentro questi due grandi gruppi ci sono tante altre distinzioni da fare in ragione del grado di disabilità. Esiste ed è sempre esistita poi, una tendenza diffusa per cui la sessualità è associata alla bellezza, all'avvenenza, ad una condizione di salute, per cui nelle persone con disabilità la dimensione della sessualità non è legittimata o addirittura è negata. Nelle famiglie c'è una grande difficoltà nell'affrontare il discorso della sessualità perché nell'immaginario collettivo i disabili vengono visti come eterni bambini, asessuati. Non si pensa che queste persone possano avere una propria individualità, una propria autonomia, dei desideri. E’ vero anche che spesso le famiglie non sono preparate e hanno paura di affrontare il tema della sessualità. La sessualità è invece un comportamento appreso e come tale va insegnato. Personalmente ritengo opportuno che chi opera con i disabili faccia dei corsi specifici in materia di sessualità. Purtroppo non è prevista una situazione che contempli un'educazione sessuale nella disabilità a livello istituzionale. Speriamo che tutto ciò cambi presto.

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Messaggio  mariarosaria tarallo Sab Dic 06, 2008 7:00 pm

Ciao, Antonella Luci, sono pienamente d'accordo con quanto auspichi, però secondo me proprio a livello generale si dovrebbe curare di più l'educazione sessuale, come si sta tentando di fare in altri Paesi del mondo, sebbene con grandi difficoltà perchè, forse, la sessualità, al di là di tanti documenti, laici e non, in merito, è ancora accompagnata da tanti tabù. C'è un tempo per tutto nella vita, ma ad ogni tempo, secondo me, occorre sempre una sufficiente preparazione. Forse sbaglio, ma si scrive per scoprirlo a volte ; ) Ciao...
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Messaggio  miriam.montella Ven Dic 12, 2008 12:51 pm

secondo voi anke i disabili hanno il diritto di amare?
secondo me si,certo il loro amore è diverso dal nostro ma sicuramente+sincero e umano,credo ke a nessuno sia negato il diritto di amare neanke aloro....
su intenet ho letto un articolo che affronta propio questo tema:
Amore down
Mente&Cervello, settembre 2008, n. 45

Avere relazioni soddisfacenti non è facile per nessuno, ma è ancora più complicato per chi soffre di un handicap mentale. Oggi però le cose stanno cambiando: tra i disabili e nella società. Di Paola Emilia Cicerone In un mondo in cui la liberazione sessuale sembra ormai un dato acquisito, c'è qualcuno per cui il diritto di amare - di avere una relazione, di sognare una vita di coppia o semplicemente di fare sesso - è ancora tutto da conquistare. Il progresso ha fatto piazza pulita di vecchie formule, ma non degli stereotipi che ci stanno dietro. L'amore tra disabili fa ancora paura, soprattutto se si tratta di disabili cognitivi, cui stentiamo ad attribuire sentimenti ed emozioni, per non parlare della capacità di progettare una storia d'amore.
«Eppure l'amore è il concetto più democratico del mondo, non fa differenze di età o di razza. E neanche di capacità cognitive», spiega Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell'Aipd (Associazione italiana persone Down). «È che spesso vediamo il sesso come pulsione incontrollata, o come legato alla procreazione, il che mette i disabili fuori dal gioco. Ma se ci guardiamo intorno vediamo che in queste persone c'è bisogno di amore, più che di sesso. E questo amore è fatto anche di fisicità, oltre che di sentimenti e desideri».
Basta avvicinarsi, per incontrare decine di storie. C'è Paolo, 43 anni e un fisico da sportivo, che ha in tasca un anellino e una gran voglia di regalarlo a Sofia, che è più giovane di lui e frequenta la stessa associazione: si piacciono da un po', e ora spera che diventi la sua fidanzata. E anche Elena, 20 anni e una bella faccia aperta: quando ha incontrato Claudio a un corso di computer ha capito immediatamente che voleva lui. «È scoccata la scintilla - ammette - la prima volta che l'ho visto».

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SESSUALITA' E DISABILITA' Empty E SE NASCESSE UN BAMBINO?

Messaggio  Antonella Rivellino Sab Dic 13, 2008 12:56 am

Mi piace molto questo intervento di Miriam,
rispecchia quello che molte di noi pensano sulla possibilità di dare a tutti il diritto di amare e di vivere una storia con un'altra persona.

Al di là di questo però,ci sono,come è stato sottolineato,tutta una serie di responsabilità da assumere al riguardo,che dovrebbero tradursi in una maggiore assistenza (umana ed educativa) da parte della società;
sappiamo infatti che,per determinati tipo di deficit,prevalentemente quelli mentali,può sussistere un inadeguato sviluppo affettivo/emozionale che potrebbe determinare l'insorgenza di stati emotivi forti poco controllati ( eccesso di disinibizione,ira improvvisa etc...) che vanno tenuti presenti in una logica preventiva.

E' poi importante preoccuparsi di un altro aspetto,la possibilità della nascita di un figlio da questa coppia: non sempre due persone che si amano ( anche tra i "normodotati") sono in grado di prendersi cura fisicamente e psicologicamente di un bambino,in questi casi è opportuno considerare bene i casi,singolarmente, soppesando attentamente le "conseguenze" (positive o negative) di un nuovo arrivo in famiglia, soprattutto in relazione ai diritti di questa nuova vita.
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SESSUALITA' E DISABILITA' Empty Re: SESSUALITA' E DISABILITA'

Messaggio  Barbara_Lamagna Sab Dic 13, 2008 1:36 pm

Sessualità e disabilità al femminile


La sessualità è uno degli aspetti fondamentali della vita di ogni persona sin dalla nascita. In Italia il tema dell'affettività e della sessualità delle persone disabili ha iniziato ad essere oggetto di riflessione e di studio a partire dagli anni Settanta. Da allora molto è stato detto, scritto e fatto.
Eppure, ancora oggi, molte persone con disabilità trovano parecchi ostacoli nella costruzione di una propria identità sessuale e nell'espressione della stessa. Come Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Musclare), pensiamo che sia importante e utile approfondire alcuni aspetti della sessualità delle donne disabili e lo facciamo con Maria Cristina Pesci - medico, psicoterapeuta e sessuologa - che da molti anni si occupa delle problematiche legate al tema Sessualità e disabilità, prestando particolare attenzione anche alla specificità femminile.
Simona Lancioni ha posto alcune interessanti domande a Cristina.

«Non esiste una sessualità speciale delle persone disabili». Puoi spiegare più in dettaglio il significato di questa tua affermazione?
«Semplicemente vorrei portare l’attenzione sulla possibile tentazione di pensare alla sessualità delle persone disabili come a una realtà speciale e diversa a cui accedere con codici specifici per comprenderla. Spesso questo si verifica e possiamo interpretarlo come il segno evidente, per quanto comprensibile, della fatica di rimanere in relazione, di mettersi in gioco, di mettere in discussione le proprie idee ed esperienze sui temi della sessualità e affettività, da parte di chi si trova a condividere con una persona disabile, la quotidianità e la “normale” vita di tutti i giorni.
Se la penso come speciale, posso immaginare che la sessualità di chi ha una disabilità non riguarda tutti noi, non ci tocca direttamente, non ci include, soprattutto non ha significati analoghi, analoghe possibili richieste, stessi eventuali aspetti di piacere, di conoscenza, di evoluzione anche con la inevitabile quota di dolore e di senso del limite con cui ognuno di noi si deve confrontare.
Se invece affrontiamo questi aspetti riconoscendo una matrice comune di umanità e dignità, paradossalmente ci accorgiamo di avere molti elementi non solo di similitudine da cui partire per ragionare in concreto su questo tema, ma ci rendiamo conto di quanto credito di conoscenze già possono essere a nostra disposizione per tentare di non negare un diritto fondamentale.
Pensare a una sessualità diversa e speciale per le persone disabili è in fondo un modo illusorio e inefficace per difenderci dalle infinite domande, paure e complicazioni che si affacciano alla nostra mente quando l’argomento in gioco è appunto la sessualità e le tante possibili implicazioni che questo tema porta con sé. Questo avviene in senso generale parlando di sessualità, non solo rispetto alla disabilità, ma diventa ancora più forte se si entra in contatto anche con la presenza di deficit, patologie, difficoltà di vario ordine e gravità.
L’esistenza di una dimensione diversa dell’affettività e della sessualità legata alla disabilità rimanda a un'ipotesi di conoscenze specifiche e non accessibili a tutti gli attori in gioco e in fondo può giustificare il forte senso di timore e estraneità che quasi sempre si manifesta in prima battuta su questo tema.
Pur nell'unicità di ogni singola esperienza, la sessualità ha una matrice di aspetti comuni che riguardano tutti noi, alcuni visibili altri più nascosti, ma che nascono da un sentire che appartiene a ciascuno. Se siamo dunque aiutati a dare spazio a tali comuni significati, questi ci permettono di comprendere davvero di cosa ci stiamo occupando e da quali elementi avviare una reale lettura dei bisogni in gioco e delle difficoltà che quella specifica situazione può portare con sé.
Infine, cosa particolarmente importante, ci permette di riconoscere e separare, e dunque non confondere, la propria esperienza da quella della persona disabile che abbiamo di fronte, le proprie convinzioni da quelle che riguardano la realtà dell'altro, con il risultato di non travasare incondizionatamente la propria realtà nel mondo spesso più vulnerabile dell’altro. Sembra una contraddizione, ma se riconosciamo maggiormente le peculiarità e le differenze di ciascuno, ciò che ci rende simili e ciò che ci distingue, si promuove conoscenza e vicinanza ed è più difficile costruire segregazioni, siano esse attuate concretamente o in termini simbolici.
Il senso è quello di aiutarci tutti ad includere la sessualità e le sue espressioni all’interno di ogni persona, disabile o non disabile. E ancora, di includere questa realtà legata al mondo degli affetti, del piacere, della conoscenza di sé e degli altri, all'interno di una condizione di comune vicinanza che non esclude il deficit, ma non per questo trasfigura in qualcosa di completamente altro da sé la persona con disabilità».

Dagli anni Settanta a oggi come è cambiato - se è cambiato - l'atteggiamento della società rispetto alla sessualità delle persone disabili? Ci sono atteggiamenti differenziati in base al sesso della persona disabile?
«Credo che l’esperienza dell’integrazione con la chiusura delle scuole speciali e delle istituzioni totali per chi aveva una disabilità abbia imposto cambiamenti impareggiabili. Sono cambiate quindi molte cose, anche se ci troviamo ancora di fronte a grandi differenze legate alle caratteristiche del territorio considerato, dei servizi offerti, e delle influenze culturali e sociali che riguardano le diverse realtà.
Ci sono esperienze molto avanzate e insieme situazioni che sembrano ancora all’anno zero. Gli anni Settanta hanno visto la nascita della cultura dell'integrazione con leggi ancora oggi all’avanguardia nel mondo per il loro valore innovativo, di cui non dovremmo dubitare in termini di contenuti, ma andare orgogliosi rispetto alle realtà di tanti altri Paesi.

Marc Chagall, Gli amanti nel sambuco, 1929 (particolare)Si dovrebbe piuttosto riflettere rispetto alla svalutazione diretta e indiretta che via via sta riducendo le risorse che permettono l’applicazione di un modello di cura, in senso ampio, dei bambini e bambine con disabilità. Si innesta un circolo vizioso che fa pensare a una sempre minore sostenibilità di quei principi e delle norme e che produce la denigrazione dell'impianto di questa conquista. Tutto questo può far sentire tutti noi sempre più impotenti e dubbiosi sulla validità dei concetti di integrazione e di reciprocità di vantaggi nella comune e condivisa esperienza di crescita tra persone con disabilità e le persone tutte.
Questa lunga esperienza di convivenza ha inevitabilmente comportato una nuova realtà e la necessità di dover fare i conti anche con la dimensione sessuale e affettiva di ciascuna persona e figura coinvolta. Naturalmente esistono atteggiamenti differenti rispetto all'appartenenza al genere femminile o maschile e tale differenza dovrebbe essere in teoria proprio una garanzia di vero riconoscimento delle specificità che riguardano le donne e gli uomini. Questo, però, avviene prevalentemente nel senso di una cancellazione dell'identità femminile delle bambine e delle donne disabili. In realtà è un modo per non guardare in faccia i tanti abusi, le negazioni di diritti e dignità, i bisogni specifici che le donne disabili ancora aspettano di vedersi riconosciuti e che con fatica cominciano ad affacciarsi in un panorama più attento, proprio a partire dalle riflessioni e dagli stimoli delle donne, disabili e non.
Paradossalmente, in presenza di disabilità, le categorie con cui si cerca di comprendere e stimare una determinata condizione (sociale, culturale, ecc.) non prevedono quasi mai una valutazione che distingue i dati, considerando anche le differenze di genere. Proprio il tema dell'affettività e della sessualità ci richiama alla "strana" dimenticanza così a lungo praticata e ci mostra inequivocabilmente come le persone disabili siano state considerate a lungo asessuate o meglio come si sia a lungo operato per tenere sotto silenzio questi aspetti».

La riflessione sulla sessualità chiama in causa una riflessione sul corpo. Costruire un buon rapporto con il proprio corpo può risultare un'impresa impegnativa e faticosa per chiunque, ma la presenza di una disabilità è solitamente motivo di maggiore complicanza. Cosa favorisce e cosa inibisce l'elaborazione positiva di questi aspetti da parte delle persone con disabilità? Il persistere di uno stereotipo che vuole la donna "perfetta, attraente, seducente" può costituire motivo di una fatica addizionale nei percorsi individuali di autoaccettazione delle donne (più o meno disabili)?
«Il tema del corpo, dei modelli e degli stereotipi porta elementi molto ricchi di spunti. Penso che il modo più consono alla mia formazione per affrontare questi punti sia quello di ricordare quanto siamo continuamente chiamati a confrontarci con elementi della realtà contraddittori, dentro e fuori di noi.
Per fare un esempio concreto legato alla domanda, proviamo ad analizzare con coordinate diverse il desiderio di essere "perfetta, attraente e seducente". Ciascuna e ciascuno di noi ha modelli di riferimento rispetto al corpo, all'estetica, alla seduzione. Questi modelli sono fatti di innumerevoli elementi: reali, ideali, più o meno consapevoli, vicini o lontani al nostro comportamento e al modo di essere nel rapporto con gli altri. In quest'ottica desiderare di essere attraenti e seducenti, non ha di per sé né una valenza positiva, né negativa.
Rispetto al desiderio di perfezione potremmo dire che questo desiderio porta con sé un conflitto che riguarda ciascuno di noi, in ogni momento della nostra vita. Ognuno di noi si trova ad affrontare una realtà personale che continuamente deve fare i conti con il limite in senso lato. Così il rapporto con il corpo si inscrive pienamente in questa evoluzione continua e contrastata. La disabilità e le differenze esplicitano in modo inevitabile il dolore di queste elaborazioni e l'incertezza delle conseguenze: un aiuto nella possibilità di vivere al meglio questo dialogo sono convinta possa venire dal confronto con le altre persone e le altre donne e nel moltiplicare tutte le possibili occasioni di relazione, di legami possibili, di condivisione del quotidiano.

Alcune componenti del Coordinamento del Gruppo Donne UILDMPensando alla realtà femminile, credo che uno dei problemi più rilevanti, ma di cui si ha meno coscienza, riguardi la difficile "accoglienza" della disabilità femminile nel contesto culturale e sociale delle riflessioni sulle differenze di genere. Tra le tante specificità, quelle legate alla realtà della disabilità sono tralasciate e passate sotto silenzio. La riflessione delle donne ha invece bisogno di questa apertura all'esperienza che la disabilità rappresenta e le donne disabili hanno bisogno di essere ricordate e incluse in questo reciproco rispecchiamento. Credo che l’invisibilità delle donne disabili abbia un grande nemico proprio nella dimenticanza che il mondo culturale femminile opera verso l’esistenza delle donne disabili, senza esserne nemmeno consapevole. E sono per prime le donne che non sanno offrirsi a questo dialogo, forse praticando la negazione di un’appartenenza comune che, con la presenza della disabilità, non può eludere i temi della dipendenza, della vulnerabilità, della violenza, dei bisogni irrinunciabili, della cura da offrire, ma anche da ricevere come diritto irrinunciabile».

Se da un punto di vista strutturale e ormonale i due sessi hanno caratteristiche e predisposizioni ben differenziate, da un punto di vista psicologico è possibile individuare nella sessualità una specificità femminile? E in tal caso quali sarebbero i tratti distintivi?
«Credo che le risposte si trovino nel dibattito che questi temi impegnano per tutte noi persone. La ricerca affronta questi interrogativi e la difficoltà più grande è quella di uscire dagli stereotipi e dalle idee preconcette.
I movimenti femminili da anni stanno affrontando il tema e stanno ricercando una specificità che possa costruire anche un linguaggio originale. La ricerca di qualcosa di specifico che riguarda la riflessione sulla disabilità e l’identità di genere credo sia ai primi passi di un interessante approfondimento di cui, non ho dubbi, potrebbe avvantaggiarsi tutto il possibile dialogo della cultura femminile».

Per ogni donna il rapporto con la propria madre ha una particolare rilevanza nella costruzione della propria identità di genere. Posti i limiti a cui sono soggette tutte le generalizzazioni, ritieni che la presenza di una disabilità (nella madre o nella figlia) incida significativamente su queste dinamiche? Se sì, in che modo?
«Non credo sia possibile negare che un evento così pregnante come la presenza di una disabilità non influisca su un rapporto tanto significativo come quello tra madre e figlia. Il riconoscimento reciproco, l’accoglienza e insieme il dolore della diversità, il contatto corporeo che permette di crescere insieme, la vicinanza e il processo di separazione che il tempo che scorre ci impone di accettare e promuovere, credo siano tutti aspetti che sono toccati dalla presenza della disabilità. Il modo in cui questo avviene penso sia specifico e unico per ogni storia, ma il confronto e lo scambio delle esperienze con chi ha vissuto situazioni simili, può essere di grande aiuto e stimolo nella costruzione dell’identità di genere.
Potremmo dire che se la madre riesce in modo sufficientemente buono a offrirsi come specchio amorevole nei confronti della propria bambina, per quanto complesso, il percorso di costruzione della propria persona da parte della figlia con disabilità e viceversa, potrà contare su una capacità di comprendere se stessa e di sentire integrate dentro di sé anche quelle parti che hanno a che fare con il deficit e la diversità, senza che queste impediscano di sentirsi fiera del proprio modo di essere».

Quali interventi, servizi o iniziative pensi possano essere più utili a promuovere il riconoscimento del diritto all’espressione sessuale della donna con disabilità?
«Credo che tutte le condizioni di vita pensate per il processo di integrazione abbiano bisogno di supporto e operatori competenti per essere riconosciute e sostenute: i servizi per la salute e la prevenzione, con la specificità di quelli dedicati alle donne, la scuola, gli aiuti per la vita indipendente, la mediazione di figure competenti durante la gravidanza e la cura dei figli per svolgere con tranquillità i propri compiti di madre nonostante le disabilità. Ma prima di tutto il riconoscimento del diritto di persona con la propria appartenenza di genere, con il legame autentico e profondo con il mondo femminile, cioè con il senso di comune appartenenza che può unire le donne. Forse sono le donne le prime chiamate a non sottrarsi al confronto, al riconoscimento di cosa ci vede simili e di cosa la disabilità provoca in tutte noi di contraddittorio e nuovo, disabili o non disabili».

Articolo a cura di Simona Lancioni.
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Messaggio  Rosaria Kaiser Dom Dic 14, 2008 6:35 pm

La persona disabile come le altre e più delle altre, ha affermato il Papa "ha bisogno di amare e di essere amata, di tenerezza, di vicinanza e di intimità".L'intervento del Papa Giovanni Paolo II è avvenuto durante il simposio internazionale su "Dignità e diritti della persona con handicap mentale" svoltosi in Vaticano, organizzato dalla Congregazione per la dottrina della fede in occasione dell'Anno europeo delle persone disabili. Wojtyla invoca "particolare attenzione" per la "cura delle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata". Una società, prosegue il pontefice, che desse spazio solo ai sani, ai perfettamente autonomi e funzionali, "non sarebbe una società degna dell'uomo". flower

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