Psicopedagogia dei linguaggi (Briganti)
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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE?

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Messaggio  gemma.ranieri Mer Dic 03, 2008 12:22 am

Frequentando il tirocinio in classi dove sono presenti disabili, spesso ho notato un clima di grande collaborazione e aiuto nei confronti del disabile. Mi sono pertanto chiesta che cosa scatta in noi quando ci "imbattiamo" nelle persone "che hanno bisogno".Mentre è più semplice immaginare il "punto di vista" di colui che viene aiutato e cioè:
-l'aiuto provoca disagio perchè inadeguato
-l'aiuto mette in discussione il concetto di sè
-colui che viene aiutato si sente in obbligo nei confronti del donatore ecc..
più complessa è perchè si aiuta:
Contrariamente a quanto si possa pensare, gli individui in base alle circostanze, passano facilmente da una condotta pro-sociale a una di rifiuto dell'aiuto. Colui che dà l'aiuto bada a stimare le proprie capacità in rapporto alla prestazione richiesta e a mantenere la coerenza pubblica e privata. Ciò che entra in gioco è il suo orientamento cognitivo,il senso di giustizia, l'umore (positivo o negativo, euforico o depresso).
Esprimete le vostre opinioni in merito
Ringrazio tutti anticipatamente

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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE? Empty bell'argomento

Messaggio  Antonella Rivellino Mer Dic 03, 2008 1:02 am

Complimenti per la domanda...in effetti non è nemmeno facile rispondere Laughing

Credo che aiutiamo chi è in difficoltà perchè in lui riconosciamo una parte fragile di noi,
si crea un'empatia che ci spinge ad agire a suo vantaggio,anche se non sempre,come giustamente sottolineavi,lo facciamo nel modo adeguato.
Scrivevi delle possibili reazioni emotive di chi viene aiutato,reazioni comprensibilissime ( forse meno per chi non è abituato a dipendere del tutto dagli altri) ed in effetti non si tratta di una questione da poco;potrebbe essere errato sia un intervento facilitatore ( come quando l'insegnante fa qualcosa al posto dell'allievo in difficoltà),sia quello emancipatorio ( come quando invece si spinge il bambino a fare da solo anche quando è in difficoltà).Come al solito "il giusto sta nel mezzo",a seconda della situazione.

Rispondendo al tuo post,mi è venuta in mente una mia esperienza di tirocinio che per me è stata molto illuminante a riguardo: in classe c'era un bambino focomelico,con una sola piccola mano a due dita ,ad un certo punto a questo bimbo cadde una penna sul pavimento,io ero all'ultimo banco e mi stupì (quasi mi idignai) a vedere che nessuno ( ne' insegnanti ne' compagni) si chinasse per raccogliere la penna.
Dopo qualche istante ho capito: con una serie molto complessa di manovre il bambino in questione è riuscito a prendere la sua penna e riportarla sul banco ;era in grado di farlo da solo e quell'apparente disinteresse dell'aula non era altro che un implicito rafforzamento della sua capacità di essere indipendente.
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Messaggio  chiara.cicione1 Mer Dic 03, 2008 1:49 pm

Grazie per l'interessante argomento!
Molto spesso aiutiamo perchè proviamo pietà! e il pietismo è ben diverso dal sentimento puro dell'amore. Se aiutiamo qualcuno lo dovremmo fare senza aspettarci qualcosa in cambio. D'altra parte aiutare è una scelta personale e nessuno ci obbliga a farlo, così come nessuno obbliga colui che ha ricevuto un gesto di amore di restituirlo.

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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE? Empty prchè aiutiamo chi è più debole

Messaggio  Rusciano Marianna Mer Dic 03, 2008 8:22 pm

Cara Antonella, lo sai mi è capitato di vivere un'esperienza simile alla tua. Un giorno, ho offerto una caramella ad un ragazzo con problemi simili a quello che hai conosciuto tu e chissà perchè, mi è venuto in mente di aprirgliela! Non lo avessi mai fatto! Mi ha detto educatamente che poteva farlo benissimo da solo e io mi sono sentita davvero un verme per non averci nemmeno pensato! A presto

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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE? Empty RE: La compassione

Messaggio  chiara.cicione1 Gio Dic 04, 2008 3:39 pm

La compassione è un sentimento probabilmente radicato nel nostro patrimonio biologico. Ma questo non vuol dire che essa sia priva di razionalità. Infatti, come affermò Aristotele, di solito essa ha bisogno, per manifestarsi, di tre condizioni: che un avvenimento seriamente negativo abbia colpito qualcun altro; che tale evento non sia dipeso (o almeno non interamente) dalla responsabilità di quella persona; e che noi stessi siamo vulnerabili nella stessa maniera. Quindi la compassione crea un legame psicologico tra i nostri interessi egoistici e la realtà di ciò che, nel bene o nel male, capita ad un’altra persona. Per questo motivo è un sentimento di alto valore morale, quando si manifesta nella giusta maniera. Spesso, tuttavia, la compassione non può manifestarsi perché non riesce a mettere in contatto con l’individuo che soffre delle persone distanti dalle sue concrete possibilità e debolezze.

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Messaggio  mariarosaria tarallo Ven Dic 05, 2008 12:22 am

Ciao, Chiara, questo concetto di compassione che evochi, io l'associo sempre all'empatia, lo distinguo nettamente dalla pietà che sappiamo essere altro, e dal pietismo.
Sento la compassione come una certa capacità di compenetrazione rispetto ad una condizione altrui, ma già anche alle altrui esistenza.
Un qualcosa che è assolutamente agli antipodi del giudizio, e che è riconoscimento di una condizione all'interno di una più ampia e comune condizione, quella umana. Ricordo lo sguardo compassionevole di Gesù di Nazareth, di cui si parla nel Vangelo, ad esempio (a prescindere dalla fede ora), quella sua capacità empatica di compenetrazione appunto, nell'incontro con persone di cui coglieva, al di là delle apparenze a tutti note, il dramma profondo, la stessa natura umana; è così che ci si ritrova ad aver compassione di coloro che sono reietti, nella società, ad esempio, e dei più "tosti", di quelli sui quali nessuno investirebbe un briciolo di fiducia e di speranza, Gesù, Gandhi, altri grandi maestri...sono stati esempi massimi di compassione, di conoscenza oltre i gesti reciproci delle persone, perchè poi noi esseri umani siamo sempre tutti fallaci. La compassione così intesa, secondo me, è espressione e nello stesso promozione di cambiamento positivo.
Basti pensare a quante persone, nella storia, cambiano da sempre vita per degli incontri favoriti e resi più profondi anche da questo sentimento.
Un educatore che coltivi anche questo aspetto è come un giardiniere che sa individuare nel seme quel fiore che aiuterà a sbocciare.


Ultima modifica di mariarosaria tarallo il Ven Dic 05, 2008 11:35 am - modificato 2 volte.
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Messaggio  angela rivieccio Ven Dic 05, 2008 11:24 am

Bella domanda!Ed anche impegnativa!Penso che quando vediamo una persona in difficoltà è connaturata in noi la disponibilità ad aiutarla.Nelle mie esperienze di tirocinio ho sempre trovato bambini davvero generosi che non escludevano il compagno disabile,anzi lo supportavano con manifestazioni di affetto.Sto pensando che nel mondo ci sono persone cattive e insensibili,allora non è poi cosi' connaturata la generosità!Non so il discorso è complesso.
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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE? Empty aiutiamo i + deboli

Messaggio  martina Spagnuolo Ven Dic 05, 2008 1:48 pm

secondo me aiutare i più deboli è dato dall'empatia che una persona prova per l'altra. noi esseri umani a differenza degli animali siamo esseri empatici. aiutare l'altro rientra nel nostro essere, e quando non c'è solidarietà ci sono persone cattive che nn comprendono a pieno le difficoltà altrui.
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Messaggio  Alessia.Zoccoli Ven Dic 05, 2008 4:40 pm

CHE DOMANDINA EH GEMMA?Come dice Antonella, difficile rispondere.Ad ogni modo, credo che il tutto dipenda non solo dall'empatia della persona, se riesce a immedesimarsi realmente nella situazione che vive il soggetto bisognoso di aiuto.Ci vuole secondo me anche una sensibilità particolare, un animo alquanto disponibile.Non sempre però queste caratteristiche sono presenti e soprattutto predominanti nel momento in cui qualcuno ha bisogno di aiuto.Io credo, che tutto dipenda dall'animo della persona, dalla sua volontà.
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Messaggio  orefice.veronica Ven Dic 05, 2008 5:06 pm

Gemma hai aperto davvero un argomento interessante....
Questo sarà uno degli obiettivi che noi future insegnanti andremmo a svolgere..nel nostro futuro cammino....
Aiutare ed assistere professionalmente le persone diversamente abili è un lavoro socialmente molto utile e indispensabile per aiutare i disabili a vivere una vita migliore.......Se lo si fà col cuore è un dovere non difficile, anzi molto gratificante...però non bisogna dimenticare le responsabilità che questo comporta!!!!!!!

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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE? Empty Perchè si aiutano i più deboli?

Messaggio  rita moscatelli Ven Dic 05, 2008 8:51 pm

Secondo me a questa domanda non si può dare una risposta che sia valida in generale.
Possiamo infatti offrire il nostro aiuto perchè questo ci gratifica, e quindi, paradossalmente, per soddisfare una nostra esigenza egoistica; possiamo offrire il nostro aiuto perchè proviamo compassione, ovvero perchè "soffriamo con" chi ha bisogno; possiamo offrire il nostro aiuto perchè così secoli di Cristianesimo ci hanno insegnato.
Ma, qualsiasi sia il motivo a monte del nostro comportamento, ciò che conta è "come" si fanno le cose: Manzoni diceva che offrire con volto amico rende più gradito il dono.
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Messaggio  Angela Riv. Dom Dic 14, 2008 6:11 pm

Condivido con Rita che a questa domanda non si può dare una risposta valida in generale.Comunque la trovo una domanda davvero interessante su cui riflettere.Sono tante le motivazioni che spingono ad aiutare il prossimo ma l'importante che si agisca nel bene,essendo solidali con chi ne ha bisogno.
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Messaggio  Marianna A. Russo Dom Dic 14, 2008 7:08 pm

Appunto bella domanda!!!Fa molto riflettere!Mah...sinceramente,come affermate in molte,forse aiutare chi ha più bisogno,chi è più debole è nella nostra indole.Cioè quando ci troviamo davanti ad una persona che ha bisogno di noi,non esitiamo ad offrirle il nostro aiuto.Ma ci sono anche molte persone che restano indifferenti davanti all'altro e questo è brutto...Baci
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PERCHe' AIUTIAMO CHI E' PIU' DEBOLE? Empty UNA DELLE POSSIBILI MOTIVAZIONI

Messaggio  Antonella Rivellino Dom Dic 14, 2008 8:31 pm

Forse,una delle motivazioni che ci spingono ad aiutare chi è in difficoltà è anche quella che riconosciamo nella sua difficoltà anche la debolezza ( in un senso generale o particolare a seconda dei casi) che è propria di ognuno di noi.E pertanto ci sentiamo partecipi di quel destino e proviamo a migliorarlo in qualche modo.
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Messaggio  Angela La Mura Dom Dic 14, 2008 9:42 pm

Complimenti, Gemma bella domanda.
Molto interessanti gli interventi e i commenti.
Credo che un po' si aiuti il prossimo e soprattutto chi è svantaggiato, anche per un senso di benessere e gratificazione verso noi stessi. Quando si fa qualcosa di buoni i primi ad esserne contenti siamo noi; ci sentiamo a posto con la coscienza e meno egoisti.
Credo proprio che "fare del bene faccia bene".

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Messaggio  stefania palma Dom Dic 14, 2008 9:46 pm

Più leggo i diversi argomenti presentati in questo forum e più mi dispiace pensare che tutto questo durerà ancora per altro poco..
Durante il corso di psicopedagogia dei linguaggi della prof. Briganti sono stati affrontate e approfondite varie tematiche in aula e in rete e posso dire davvero che questo corso rispetto a tanti altri mi ha lasciato qualcosa di davvero importante e utile..Grazie prof. per quello che sta facendo per noi e grazie a tutte le ragazze che hanno preso con serietà e impegno questo lavoro!!!
Wink
Ritornando al tema trattato in questo post," perchè si aiutano i più deboli", io penso che l'altruismo e il comportamento prosociale siano caratteristiche naturali dell' uomo cosi' come lo è il suo essere sociale.
Parlo dell' uomo in senso generale a prescindere dalle esperienze negative che possono segnarlo e renderlo poco sensibile sotto questo aspetto.
Entra in gioco l'empatia e molti studiosi del comportamento prosociale ci insegnano che aiutare chi vediamo più debole o in difficoltà gratifica innanzitutto noi stessi , ci fa sentire utili e importanti per qualcuno.
E' ovvio che giocano un ruolo fondamentale anche la nostra cultura e la nostra religionepoichè si sottolinea l'importanza dell'amore per il prossimo e di aiutare chi ne ha bisogno, ma, mi ripeto , non si tratta semplicemente di una motivazione estrinseca ma anche intrinseca dell' individuo.

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Messaggio  stefania palma Dom Dic 14, 2008 10:01 pm

Volevo aggiungere un' altra cosa importante: é ovvio che il grado di altruismo verso gli altri cambia da pesona a persona in base alla proprisa sensibilità ed esperienza di vita.
Ci sono persone che per esempio decidono di dedicare la loro stessa vita ad aiutare i più deboli decidendo di partire per missioni estere col solo obiettivo di aiutare i più deboli..

Voglio citare il caso di due ragazze di 29 anni che hanno scelto di dedicare la loro vita agli altri. Simona Torretta e Simona Pari, impegnate da anni nel settore umanitario, hanno deciso con coraggio di andare a lavorare in un paese che sembra conoscere solo la legge della violenza, invece di trascorrere i loro migliori anni nella sicurezza della terra natale e di un impiego tranquillo.
Alla domanda posta del perchè dedicare la propria vita agli altri, una delle due ragazze, Simna Pari ha risposto:
Questa voglia di aiutare la gente me l’ha trasmessa mia madre Donatella. Per me – dice - è sempre stato un modello forte, mi ha insegnato a non avere paura”.

Da queste parole possiamo dedurre che l'altruismo è quindi, come dicevo poc'ani , anche un fattore culturale, una formazione emotiva del soggetto.

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Messaggio  simona.asciolla Dom Dic 14, 2008 10:53 pm

Antonella Rivellino ha scritto:Forse,una delle motivazioni che ci spingono ad aiutare chi è in difficoltà è anche quella che riconosciamo nella sua difficoltà anche la debolezza ( in un senso generale o particolare a seconda dei casi) che è propria di ognuno di noi.E pertanto ci sentiamo partecipi di quel destino e proviamo a migliorarlo in qualche modo.


Si Anto sono daccordo con te...infatti penso sia, che sia vero che noi tendiamo ad aiutare chi è in difficoltà per empatia, come diceva già Martina, ma anche come dici tu, perchè riconosciamo "nella loro difficoltà la debolezza che è propria di ognuno di noi".
Tutti,come sappiamo, abbiamo debolezze e quando queste si presentano ci sentiamo deboli, e speriamo che qualcuno capisca questa nostra difficoltà e che ci sia vicino. Bè, secondo me, la consapevolezza di questo stato d'animo che noi abbiamo, ci porta a sentire (appunto a livello empatico) anche quando l'altro si sente in difficoltà, e così come noi speriamo che qualcuno ci sia vicino, anche l'altro lo spera...e in base a questa consapevolezza, sentiamo dentro di noi di dover aiutare chi è più debole!!!
LA VITA è INFATTI SECONDO ME,UN DARE E UN RICEVERE...


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